venerdì 23 dicembre 2016

Buon Natale!


«Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (cf. Lc 2,1-14). Notte santa di Natale, in cui siamo salvati dalle tenebre e avvolti ormai da una luce intramontabile che ci custodisce per la vita eterna. Il nostro Salvatore è il bimbo che Maria stringe tra le braccia, che riscalda col suo amore e le sue premure, trasformando, come ha detto il Papa «una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza». Maria ci appare in una luce particolare, forte e soave nello stesso tempo.

Anche Elisabetta era stata protagonista delle sue scelte. Quando i parenti volevano imporre al bambino un altro nome, lei non li ascoltò, pur essendo solo una donna, impotente dunque a far valere le sue ragioni. Ma i tempi erano ormai cambiati e già in lei e nel Battista se ne intravvedevano i segni. Ma è Maria che inaugura la nuova umanità in Cristo. Una umanità che è fragile quanto vogliamo, anche peccatrice, ma che da questa debolezza può tirare fuori cammini di santità.

Aspettiamo questo Natale! Natale arriva ora per ognuno di noi con tutta la forza della sua potenza divina. Il mondo può impazzire nel male, gli uomini di buona volontà si possono sentire impotenti, come già a suo tempo i piccoli di Israele, le difficoltà possono abbattersi nella storia e nelle vicende personali e familiari di ogni persona, ma niente può impedire alla luce di essere luce per chi l’accoglie.

Maria, tu che hai accolto Gesù, nostro Signore, facendo quello che ogni mamma fa, tu che però sei anche nello stesso tempo più di qualunque mamma, perché il tuo cuore colmo di tenerezza hai amato non solo l’umanità del tuo bambino ma anche la nostra umanità, tienici sotto il tuo manto materno e dacci il tuo sguardo, il tuo carattere, la tua fiducia nel bene e la tua stessa forza nel compierlo, fino alla fine, nel più totale abbandono. Buon Natale a tutti!


sabato 17 dicembre 2016

Non temere di prendere Maria

«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,18-24). Quello che pensi, non è quello che pensa Dio. In questa quarta domenica di Avvento, mentre sentiamo più vicina la venuta di Gesù, siamo toccati da una parola che scava in profondità e ci mette davanti alle nostre resistenze, perché le guardiamo e le riconosciamo. E poi facciamo il gesto interiore di offrirle a Dio perché le dissolva, liberandoci. Maria, l’Immacolata, lei non ha fatto esperienza di resistere a Dio. Questa sua statura spirituale l’ha resa nostra madre, oltre che madre del Signore. 
Ed è a lei che veniamo affidati anche noi da Dio quando ci dice di non aver paura di metterci totalmente sotto la sua protezione, perché di lei possiamo fidarci al cento per cento. Come di Dio.


Giuseppe siamo noi quando siamo incerti e invece di romperci la testa per escogitare delle soluzioni, ci lasciamo raggiungere da una voce altra, che non è la nostra. Invece può accadere che, intenti nel lavoro o nelle faccende legate alla gestione della famiglia e della vita, diamo più peso all’aspetto razionale, al pensiero e al ragionamento, correndo il rischio di usare gli stessi criteri con Dio. Rischiamo ogni istante di sbilanciarci verso il ragionamento. Maria, che ci parla nella sua fede pura e salda, del coraggio di credere col cuore, ci aiuta ad assumere un atteggiamento differente. A staccare la spina dal puro pensiero, per respirare coi polmoni del cuore. La fede è come la poesia, è come la musica, è come il profumo… sprigiona tutta la sua forza anche conoscitiva quando apriamo la bocca al canto e quando spargiamo profumi al vento. È un modo di conoscere per connaturalità, direbbe san Tommaso, cioè per una affinità interiore, una familiarità che è già da sola prova di quello che non si vede. Che meravigliosa apertura del cuore sentiamo oggi nell’ascoltare ancora Dio che ci ripete: «non temere di prendere con te Maria». Non avere paura di giocarti la vita puntando tutto sul linguaggio del tuo cuore. In questo centro misterioso in cui tu in verità risiedi, con la tua unicità, proprio qui puoi fare la differenza. 


E se come Giuseppe avremo il desiderio di lasciarci affascinare da questo invito, sarà Maria stessa, come ci ricorda san Massimiliano Kolbe, a suggerirci i passi successivi. Lei che potentemente intercede per noi un cumulo immenso di grazie, la maggior parte delle quali purtroppo cadono nel vuoto perché non c’è chi se ne faccia carico. Forse allora il miglior modo per mettere in pratica questo invito divino di oggi è quello di pregare, intessendo un dialogo sincero con Maria e chiedendo a lei di essere introdotti nella fede salda che è capace di spostare le montagne. Il cuore ha questo potere, tutto da scoprire.

sabato 3 dicembre 2016

Preparare l'attenzione

«Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (cf. Mt 3,1-12).
In questa seconda domenica di Avvento l’accento della Parola è posto sulle condizioni necessarie per incontrare il Signore. Quali sono? A cosa si riferisce Giovanni Battista quando invita a preparare la strada? Per avere la risposta possiamo guardare a chi il Signore lo ha accolto senza resistenze né ritardi. In questo modo possiamo cercare di capire in quale modo prepararci anche noi. La persona a cui guardiamo è Maria.

Maria ha portato nel suo grembo Dio, ha fatto spazio alla sua vita e alla sua presenza, mettendo da parte tutto quello che la vita fino a quel momento per alcuni aspetti le stava proponendo. Questa prontezza non è casuale, non nasce all’improvviso, tanto per fare qualcosa di diverso. È il risultato di un atteggiamento di profondo ascolto e attenzione attraverso cui è riuscita a cogliere il passaggio di Dio e a rispondere. Il suo essere Immacolata si vede proprio nel fatto che non si è lasciata distogliere dal pensiero di Dio e non ha permesso a influssi e a sentimenti di offuscare il suo ascolto.

Il segno della nostra fragilità infatti sta proprio nella debolezza della nostra attenzione. Catturati dalla nostalgia di Dio e da tutto ciò che rimanda a Lui e alla sua bellezza, che rimanda cioè all’amore vero, veniamo facilmente agganciati da stimoli esterni, situazioni della vita e pensieri di vario genere che hanno talvolta tanta impressione sui nostri sensi esterni, da prendere il sopravvento. Ecco allora che l’affidamento che facciamo di noi stessi a Maria, nostra madre e maestra, ci salva dalla distrazione e ci permette di farci riacciuffare dallo Spirito Santo, dai suoi pensieri di pace e dalle sue immagini di bellezza.

Questa è la preparazione che Gesù ci chiede in questa domenica, prendere nuovamente coscienza che abbiamo una lotta da combattere, quella contro il male, e che il male non è per la maggior parte di noi il grande peccato, quanto il lasciarci strappare dalla contemplazione di Dio. Non dobbiamo vivere in una cella di monastero per contemplare Dio. Il semplice gesto di prendersi dei minuti per leggere il Vangelo del giorno e dialogare con Gesù è già contemplazione, come lo è l’occuparsi del lavoro e dei doveri quotidiani. Dentro l’azione infatti portiamo tutti noi stessi e quindi se siamo uniti a Dio agiremo con amore e con quella forza senza uguali di cui parla il Papa, che dà vita a ogni cosa perché è lo Spirito di Cristo Risorto che agisce in chi lo accoglie.


Non ci sentiamo soli in questa preparazione di Avvento, perché Maria si fa vicina a ciascuno di noi e ci insegna questo segreto fondamentale della vita, che è l’attenzione alla presenza di Dio e la gioia di ritrovarci protagonisti di un progetto meraviglioso, scritto nei cieli ma che misteriosamente non si compie senza l’apporto di tutte le nostre forze  facoltà. 

sabato 26 novembre 2016

Pronti e vigilanti

“Vegliate e tenetevi pronti”, questa l’idea forza del Vangelo della I domenica di Avvento (Cf. Mt 24,37-44). In questo atteggiamento di ascolto cosciente di se stessi, della vita e della storia sta la chiave per aprire la porta della nostra stabilità e felicità. Una via che appare tanto scontata quanto invece disattesa. È la strada percorsa dai discepoli di tutti i tempi, prima fra tutti la discepola per eccellenza, Maria. Noi infatti desideriamo camminare con lei nel cercare il modo personale di vivere il Vangelo. Abbiamo accolto l’invito di Gesù di non procedere da soli, senza una madre al nostro fianco. In lei non c’è nulla di distante dalla volontà di Dio anzi tutto quello che lei ci suggerisce va nella linea dell’obbedienza, cioè dell’ascolto attivo che diventa scelta concreta. È stata pronta Maria e ha vegliato nella sua vita. Cosa significa questo? Che è stata sempre in preghiera e non si è coinvolta con la storia? Che ha trascorso tutto il suo tempo in meditazione senza curarsi di quello che accadeva al suo vicino?

Sappiamo dai Vangeli che non fu così. Tanto prontamente riuscì a cogliere le chiamate di Dio e a rispondervi quanto era intenta a custodire nel suo intimo la Parola del Padre e del Figlio e i segni che la Provvidenza andava seminando davanti a lei. Un solo esempio: il suo lungo viaggio verso la Giudea, quando era incinta. Sarebbe bastata una trascuratezza, una superficialità, una disattenzione per non accorgersi di quella spinta interiore ad andare, ad uscire. E il segno di Elisabetta non l’avrebbe raggiunta e confermata come invece accadde. Chi fa fatica a capire Dio nella propria vita può rivolgersi con fiducia a Maria e chiederle di aiutarlo a non dare per scontato quello che vive, a saper pesare e sentire la profondità delle cose che lo circondano, dei fatti che accadono, delle persone che gli vengono incontro.


I disegni che le onde marine lasciano sulla spiaggia può vederle solo chi si ferma in un angolino e lascia che lo sguardo si posi sul movimento dell’acqua. Così è del nostro spazio interiore, il più importante, perché regge tutta l’impalcatura della nostra persona, eppure nello stesso tempo il più trascurato. Si veglia e ci si tiene pronti se si ha a cuore la propria vita e felicità, e si sceglie, con semplicità e fiducia, di affidarsi a chi può dare una mano sicura, perché non mente, e non è interessata, se non alla nostra gioia eterna. L’Avvento che inizia ci stimola a prendere la mano di Maria e a iniziare o ricominciare con nuova energia questo viaggio. 

sabato 19 novembre 2016

Salva te stesso o salvati da te stesso

Vangelo del paradosso questo con cui si conclude l’anno liturgico (cf. Lc 23,35-43). Nella festa di Cristo Re dell’universo, siamo messi davanti al dolore innocente, che salva. La vita per l’uomo, e lo vediamo in chi attorno a noi non crede, è indecifrabile senza la salvezza portata da Gesù. Quale salvezza? Non il benessere, lo stato ideale in cui non abbiamo alcuna percezione della sofferenza. La salvezza di Gesù è la forza del suo amore e il senso che viene dal sapersi amati dentro le situazioni della vita. Una forza che però è davvero accolta quando a sua volta esce da se stessa per donare vita agli altri. 

Questo amore che è salvezza dal male e che Gesù dona negli ultimi istanti, mentre agonizza sulla croce, è vita per il buon ladrone e per quanti lo accolgono. C’è una tale grazia nel soffrire per amore da farci comprendere perché i santi non hanno avuto timore di soffrire, anzi hanno abbracciato le prove e le lacerazioni come un bene prezioso. Hanno accolto la salvezza di Gesù e non si sono fatti una salvezza a propria misura, ma hanno lasciato il bisogno tanto naturale di benessere per seguirlo sulle vie misteriose della donazione di sé. 

L’affidamento a Maria ci pone in questa scena, anche se in Luca non c’è la parola che ci affida direttamente a lei. Maria avrebbe avuto tutti i diritti di dire: “salva te stesso”, anzi avrebbe avuto il diritto di gridarlo. Ma il linguaggio della pretesa non le appartiene, neppure la sfiora. Il suo abbandono è un profumo che sale lento e silenzioso dalla terra bagnata di sangue del figlio amato al cielo limpido e puro in cui abita l’altra natura del figlio suo, quella divina. Affidarsi a Maria, chiederle umilmente di essere accolti nello spazio dolce e provato del suo cuore di madre, significa allora lasciare che anche il dolore trovi una casa accogliente in cui poter dispiegare la sua vita, misteriosa quanto vogliamo, ma pur sempre vita. Nessuno di noi è capace di sopportare allegramente la prova, ma tutti possiamo viverla in un modo cristiano, non fuggendola, ma lasciandola essere. Maria ha raccolto dalla bocca del figlio ogni sillaba, anche quelle dette in quest’ora: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. 

C’è un paradiso di amore da accogliere ogni istante specialmente quando stiamo male, e se ancora non lo sperimentiamo forse è perché non abbiamo ancora chiesto con tutto il cuore, come il ladrone disperato: “Ricordati di me, Signore”.  

lunedì 14 novembre 2016

Con Dio puoi

Spirito d'iniziativa o accoglienza? Per il cristiano non c'è la congiunzione "oppure" ma la congiunzione "e". Se c'è accoglienza della volontà di Dio per noi, del suo desiderio di bene per noi, ci sarà di conseguenza anche lo spirito d'iniziativa. La creatività nasce in quel cerchio felice in cui siamo posti e ci è consegnato quel "puoi" di cui parla Genesi che è un invito paterno a mettere in campo tutte le più belle energie vitali per creare e generare a tutti i livelli.
Questa è la libertà dell'affidamento a Maria secondo san Massimiliano Kolbe. Non porta a essere semplici esecutori... in realtà se non c'è la risposta umana, Dio non si impone mai e l'uomo resta con le sue forze a fare progetti alla sua portata. Porta invece a essere capaci di collaborare niente meno che con Dio... accogliere, dunque attendere il dono da Dio, e collaborare in una risposta gioiosa che coinvolge tutta la persona.
Lasciarsi condurre non significa lasciare tutto a Dio, ma collaborare con Lui con il massimo della passione. Sapendo che ci è data la possibilità di muoverci all'interno di un progetto che viene da Lui e che perciò ci aprirà a orizzonti inauditi di bellezza. 

sabato 5 novembre 2016

Quell'amore che ci abita

Un Vangelo, questo di domenica, in cui il discorso sulla vita eterna, su ciò che è duraturo, getta tanta luce e comprensione sul presente (cf. Lc 20,27-38). C’è vita e vita. Un sopravvivere che è un restare al livello di quello che si vede e si tocca coi sensi esterni, e una vita che si gusta nel profondo dello spirito e che dall’interno si espande verso l’esterno, nutrendo in profondità il bisogno di amore e di significato. C’è una vita che è la vita dell’uomo nuovo, direbbe san Paolo. Quell’uomo che ha scoperto che il suo cuore è abitato da una presenza. Una presenza che non è neutra, ma amante. Abbiamo un Dio che ama in noi. Fare questa scoperta e lasciarsene trasformare non è automatico. Molto più semplice restare a quello che si fa a livello umano: prendere moglie e marito senza andare al di là di quello che si vede nella moglie e nel marito, accasarsi, fare scelte che si fermano al dato senza aprirsi al mistero.

Maria che è il modello del nostro cammino di discepoli, perché ci siamo affidati a lei, ha non solo fatto questa grande scoperta nella sua vita, ma ha anche avuto da Dio il dono di una chiamata specifica. Quella di vivere la relazione di amore con Lui in maniera esclusiva. In questo senso il fatto che sia stata felice e realizzata ci fa capire che è quello il nostro scopo: prendere coscienza e valorizzare l’amore che ci abita fino a farne il nostro univo motivo di gioia. Maria è lo specchio in cui dobbiamo saperci guardare. La Chiesa ce lo dice, e sempre ce lo suggerisce. E noi che ci siamo affidati a lei sappiamo che è importante saper legger la nostra storia alla luce della sua esperienza di vita. Oggi perciò, toccati da queste parole di Gesù, sentiamo che Maria ci guarda con intensità per dirci: “Il tuo Dio in te è il Dio amante della vita, e della tua vita. Il Dio che è innamorato di te”.
Portiamo dentro un amore personalissimo che vuole farci camminare dietro a Lui, attratti dalla sua gioia, dalla sua vitalità, dalla sua passione. Come reagiremo? Maria si è messa in cammino su sentieri incomprensibili, in cui l’unica logica era l’amore e la fiducia in Dio, il cui sguardo vede dall’alto e perciò sa mettere ordine anche nel nostro apparente disordine.


Ci lasceremo, Maria, guidare dalla tua bontà di Madre, ci lasceremo aiutare per rispondere alla tua chiamata. Tu ci confermi che Dio crea sempre cose grandi e buone, usando come materiale la nostra debole umanità insieme con le altrettanto deboli situazioni che ci capitano. È del tuo stupore che abbiamo desiderio, Madre, ed è quello che oggi ti chiediamo, mentre viviamo il nostro affidamento a te come un punto fermo che ci fa sentire saldi, ben piantati sul terreno del tuo esserci Madre.  

sabato 29 ottobre 2016

Attraversati dall'amore

Il Signore attraversa la nostra anima come attraversò Gerico quel giorno in cui la salvezza entrò nella casa del peccatore Zaccheo (cf. Lc 19,1-10). E lo fa ogni giorno attraverso la sua parola, che ci viene incontro nella liturgia della Chiesa. Proprio perché questa potenza di amore e di vita è tanto semplice e viene a noi con tanta facilità e familiarità, può capitare che sia nascosta per noi, pur essendo raggiungibile.


Maria a cui ci siamo donati con tutto il cuore - perché vogliamo davvero che Dio possa trovarci disponibili per la sua azione - non ha avuto questo problema. Quando lo Spirito ha cercato delle vie per farle capire qualcosa di decisivo per la sua vita, ha trovato un cuore pronto e sereno, e colmo di desiderio, come Zaccheo quel giorno sul ramo di sicomoro. Ogni volta in cui la pagina del Vangelo viene voltata con amore, è come se lo sguardo di Gesù ci cogliesse con una nuova intuizione, una nuova carezza, un consiglio, una luce, un rimprovero. Quello di cui necessitiamo in quell’ora.

Ecco perciò che Maria nel prenderci tra le sua braccia, non ci culla solamente, ma ci stimola a fare dei passi concreti verso la volontà del Figlio. Ci fa capire che più siamo disposti a perderci più siamo aperti allo Spirito, che passando non ci troverà intenti nelle nostre complicazioni ma alla ricerca delle sue ispirazioni. Affidarci a Maria è una scuola di ascolto. Quando ci prende per mano non ci lascia come prima, ma ci ispira nuovi cammini, in cui ci sarà da soffrire, da correre, da dover arrampicarsi da qualche parte, ma tutto sarà per far sì che i nostri desideri più profondi e veri si incontrino con Colui che questi desideri ce li ha messi nell’anima. Quando il nostro cuore sarà solo acceso da questo desiderio, allora accade che quella Parola meditata diventi sguardo attento e dolcissimo con cui il nostro Dio ci sta di fronte, aspettando solo un nostro risveglio per farsi dono alle nostre povertà.

Questa salvezza che ha il profumo del sicomoro ed è leggera come l’aria di Gerico quel giorno, è alle nostre porte anche adesso. Lasciamoci guidare, ispirare e accarezzare da questo soffio gentile, anche se la vita ha un altro sapore, più amaro, più ruvido. Non esiste un angolino senza dolore, diceva quell’innamorato di Maria che è stato san Massimiliano Kolbe, ma non esiste neppure un angolino senza che l’amore di Dio ci penetri e ci avvolga. 

sabato 15 ottobre 2016

Sempre connessi


«Pregare sempre senza stancarsi mai» (cf. Lc 18,1-8). Il cuore del messaggio evangelico di questa domenica sta in questa relazione col Padre che va sempre vissuta con consapevolezza, senza pensarsi mai da soli, neppure per un istante. Per fare questo, per non allontanarci da questa sorgente, ci è dato un aiuto grande nell’affidamento a Maria. Rappresenta un dono che Dio ci fa venendoci incontro per sostenere le fatiche del viaggio di noi pellegrini. Se non ci pensiamo come viandanti della vita e della fede non comprendiamo la profondità e l’importanza di confidare in Maria e crescere nella relazione con lei. Se invece guardiamo con realismo alla nostra condizione, siamo contenti di poter contare su una madre che è sempre dalla nostra parte e fa di tutto per non farci mancare il suo amore e la sua premura materna.

In particolare oggi Maria ci spiega con pazienza e tanta tenerezza che dobbiamo, se vogliamo custodire la serenità interiore, rivolgerci a lei come figli, con lo sguardo del cuore dei figli. I figli, si sa, ogni tanto, anche senza motivo, cercano il volto materno e una carezza in cui sentirsi voluti bene. Dopo poi, possono correre e anche conquistare il mondo, affrontare battaglie e arrivare a donazioni radicali. E ci riescono proprio perché partono da questo abbraccio, da questa forza che è l’amore invincibile di Dio per noi. Che altro vorrebbero dire Gesù e anche Maria quando ci invitano a pregare sempre? Non è sempre l’ora di pensare direttamente a loro, ma è sempre l’ora di stabilire una profonda connessione interiore che parla il linguaggio della fiducia e della figliolanza.   

domenica 9 ottobre 2016

Dire grazie


Il Vangelo di oggi ha tratti sconvolgenti (cf. Lc 17,11-19). Ci sono dei malati, persone sole, emarginate, bloccate nella paura e nel senso di disprezzo e rifiuto, e c’è Gesù, che con la forza della sua parola li guarisce. Il ponte che apre la strada al miracolo è l’invocazione che esce dai loro petti affaticati dal dolore: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Tutti e dieci ricevono il soccorso della grazia, uno solo però torna a ringraziare il maestro. E Gesù lo loda perché ha avuto fiducia in Lui e così è salvato. Ma non sono salvi anche gli altri?

Ci viene in mente il canto di lode di Maria, che è un grazie declinato in mille sfumature differenti, rivolto al Padre di cui vede chiaramente l’azione e nel riconoscerla è presa da stupore e meraviglia. Guardando al modo in cui Maria ha collaborato al progetto divino, capiamo come non basti ricevere l’amore di Dio se questo poi non diventa vita anche nostra e non permea ogni nostro gesto, scelta, parola. Testa, cuore e mani, ci verrebbe da dire. Questo amore che Dio costantemente e senza interruzione riversa nei nostri cuori, è vita e non sopporta di essere incasellato e chiuso a chiave dalle nostre resistenze e dai nostri schemi. Ecco perché il lebbroso guarito fa bene a ritornare sui suoi passi. In fondo lui è l’unico che non obbedisce a Gesù e al suo comando di recarsi dai sacerdoti.


Un modo provocatorio con cui ancora una volta Gesù capovolge la nostra logica e ci insegna una cosa tanto facile quanto scomoda: ascoltare il nostro cuore. Se come Maria lasciamo al nostro cuore e ai nostri affetti la libertà di spandere il loro profumo come sentono e nel momento in cui lo sentono, faremo delle belle scoperte riguardo al modo in cui Dio ci parla nelle concrete situazioni della vita. Proprio ascoltando il suo cuore il lebbroso ha incrociato lo sguardo di Gesù e ha ricevuto una parola per la vita, la parola che lo ha salvato per sempre. 

sabato 1 ottobre 2016

Capaci di fare tutto


C’è un aspetto dell’affidamento a Maria a cui pensiamo leggendo questo Vangelo domenicale (Lc 17,5-10). Quando Gesù dice che chi ha fede può anche dire a un albero di sradicarsi e piantarsi nel mare ed esso obbedirà, usa naturalmente un linguaggio paradossale per esprimere però una verità. Chi vive in relazione con Lui come un figlio, fidandosi e ascoltandolo, camminando con Lui mano nella mano, è capace di fare tutto, anche di operare miracoli. 

La sua vita infatti diventa una esistenza totalmente messa a disposizione di Dio e perciò aperta a far passare la sua grazia. E poiché il Signore ha un progetto preciso per ognuno di noi, nulla gli è impossibile, se ci trova docili e pronti.

Questo è l’obiettivo dell’affidamento: consegnarsi nelle mani di Maria non per ottenere chissà quali privilegi ma per vivere in comunione profonda con lei e con il Signore e perciò divenire strumenti di pace e di misericordia negli ambienti che frequentiamo. Donandoci a Maria non facciamo una semplice preghiera, ma facciamo una scelta radicale. Ci disponiamo a rinunciare alla nostra volontà per cercare con tutto il cuore di seguire le indicazioni che lei ci darà, senza pretese, ma con lo stupore del pellegrino, che va scoprendo pian piano lo splendido disegno tracciato dal Padre che è nei cieli. Chi si affida a Maria sul serio vede cambiare la sua vita e in lui si realizza il desiderio espresso oggi dagli apostoli: “Signore, accresci in noi la fede!”. Che vuol dire, fa’ che in noi tutto si unifichi a tal punto che la nostra fiducia in Te diventi vita.

sabato 24 settembre 2016

Ricchi di Dio

Povertà e ricchezza al centro di questo Vangelo domenicale (Lc 16, 19-31). Una povertà che benché segno di fragilità porta poi a vedere Dio, a essere suo familiare e godere della sua compagnia per sempre. Un ricchezza invece che chiude l’orizzonte della vita e lo appiattisce sul limite e su questo lo richiude, come in un abbraccio che invece di vita causa asfissia. Ma cos’ha di tanto grave la ricchezza?

Dipende certamente dal tipo di ricchezza a cui ci si riferisce. Se siamo ricchi di valori e di preghiera, se la nostra vita interiore è dinamica, sempre aperta alle crescite che Dio ci domanda, se in una parola, siamo persone spirituali, capaci cioè di non eliminare la domanda su Dio dalla nostra vita ma di integrarla e di farci pellegrini di senso, allora siamo ricchi da ammirare e non da commiserare. Se invece la nostra ricchezza significa limitarci a riempire i bisogni che di giorno in giorno si affacciano dentro di noi, senza fermarci a riflettere sull’origine di questa insoddisfazione, allora è piuttosto povertà e condizione da compatire.
Pensiamo allora alla povera per eccellenza: Maria. Quale tipo di povertà ci insegna e ci aiuta a vivere? Aspettarsi tutto da Dio è la più bella definizione di povertà mariana. Avere l’anima tesa verso la sua Parola, il suo passaggio, le sue proposte quotidiane. Esserne coscienti e assecondarle, stare in ascolto, con l’umiltà di chi ha da ricevere dalla vita prima che dare e desidera lasciarsi raggiungere da una nuova possibilità di amore e di donazione. Ci affidiamo a Maria per imparare l’arte della povertà che dal punto di vista di Dio diventa ricchezza. Quale gioia e forza più grande del sapersi amati da Dio? Se è vero com’è vero che le persone sofferenti sono quelle che si sentono orfane su questa terra, schiacciate su un orizzonte senza futuro, senza eternità, quale felicità ci invade nel vivere da figli amati, dal momento che non solo siamo custoditi qui ma soprattutto siamo attesi lì, nel cuore del Padre, dove tutto troverà la sua piena realizzazione.

sabato 17 settembre 2016

Affezionarsi a Dio




Servire due padroni non è possibile, dice Gesù in questa domenica (cf. Lc 16,1-13). Ci si affeziona infatti soltanto a una persona, amata sopra ogni cosa, si ama con tutto il cuore solo una realtà, riconosciuta come il cuore pulsante della vita, il motivo per cui si ha voglia di alzarsi al mattino e di impegnarsi durante il giorno. Se guardiamo all’esistenza di Maria ci rendiamo conto che la forza della sua testimonianza deriva unicamente dall’avere concentrato tutte le sue forze su quell’unico bene che è il Signore. Non è facile rimanere in questa comunione neppure quando la si vive e la si sperimenta. Perché è tale l’impatto che ha su di noi il mondo esterno, con le sue sfide e le sue spinte, i suoi colpi e le sue sferzate, da farci spesso sganciare da questa profonda unione di pensiero e di cuore per perderci e traballare. Sentiamo che a ogni istante dovremmo avere la capacità di tenerci in mano in modo tanto forte e consapevole da neutralizzare ogni altra azione. 

Forse però, chiedendo a Maria, capiamo che questa prospettiva non è neppure auspicabile. Ci metterebbe nell’ottica di sentirci a posto, arrivati, mentre la nostra verità sta in un cammino. Il cammino che Maria stessa ha percorso per prima, fatto di slanci e di gioie, ma anche di pause e di frenate, di dolorose sospensioni. La vita ci chiede di camminare umilmente tenendo stretta la mano di Maria e di Gesù. Non disponiamo di sicurezze personali. Siamo invece sicuri solo dell’amore incondizionato e  totale di Dio, della protezione forte e tenace di Maria, della infinita bontà dei santi, nostri fratelli e sorelle che hanno a cuore la nostra felicità e ci sostengono con la loro preghiera. Maria non ha neppure per un istante pensato di poter servire con tutta se stessa due realtà. Ha amato smisuratamente solo Dio e nell’amarlo è stata disposta a ogni sacrificio, prima di tutto quello di se stessa. Per affezionarsi a Dio è necessario distaccarsi dal proprio io, per lasciarsi trasformare il cuore dalla sua tenerezza è necessario lasciare per sempre la pretesa di vedere rispettati i propri diritti. Solo chi corre verso l’ultimo posto può servire l’amore con tutto se stesso. 

domenica 4 settembre 2016

Non da soli ma dietro a Gesù


«Chi non vuole venire dietro a me, non può essere mio discepolo» (cf. Lc 14,25-33). Il messaggio chiave di questa domenica ci viene da questo versetto. Gesù spiega che chi vuole essere sulla strada della vita, non deve andare per conto suo, né andare dalla parte opposta a quella indicata da Lui, e neppure seguire altri che non sono Lui. Chi vuole la vita deve andare dietro a Gesù.

Il pensiero subito corre alla perfetta discepola che è stata Maria, prima non solo in senso cronologico, ma specialmente per la qualità del suo discepolato. Da lei possiamo imparare come concretizzare questa parola di vita che Gesù suggerisce al nostro cuore oggi. Maria ha un dono da farci: la sua vita. In lei vediamo la bellezza di un abbandono in Dio che l’ha portata a seguirne le vie senza condizioni. Non ha mai pensato, Maria, neppure nei momenti critici e di svolta, di poter trovare la soluzione da sola, contando sulle sue deboli forze. Ma ha sempre scelto il posto della creatura, della figlia riconoscente, il posto di chi sa che deve imparare a vivere perché da solo non sa come diventare grande, grande non tanto e non solo per età, ma in primo luogo nella fede e nella sapienza.


Se non sappiamo come fare, Maria ci dirà che dobbiamo semplicemente cominciare a fare dei tentativi. Provare a pensare di voler vivere questa nuova giornata non a partire da noi stessi, ma da Dio. Sentire cosa ha da dirci attraverso tutto quello che permetterà. Raccogliere le briciole preziose di quel pane di vita che Lui è per noi e collegare i fatti, come faceva Maria, alla ricerca del senso più vero delle cose. Andare dietro a Gesù è stato per Maria una spinta irresistibile, cui si è abbandonata, preferendo la fiducia a ogni calcolo umano. E davanti a tante distorsioni della libertà che viviamo, questa è davvero la più bella notizia!

mercoledì 31 agosto 2016

Kolbe e l'adorazione

Nel ’40, rientrato in convento dopo la prima esperienza di prigionia, padre Kolbe e i suoi frati danno inizio all’adorazione perpetua. Il tratto più mariano di san Massimiliano in fondo è questo: l’adorazione di Gesù. Maria ha adorato Gesù accogliendolo con tutta se stessa, facendogli spazio e diventando sua prima e perfetta discepola, nella più profonda umiltà, pur essendo sua madre. Si è inginocchiata davanti a Gesù e alle sue vie, e così è stata felice. 

Nell’adorazione la nostra anima può lasciarsi amare e risanare in profondità da una presenza che è capace, per la forza dello Spirito Santo, di armonizzare tutti i livelli: psico-fisico e spirituale. Senza adorazione ci si ammala. Per questo Massimiliano amava tanto l’adorazione: perché aveva scoperto che la vicinanza con Gesù era capace, da sola, di riportare il sole nel grigiore e la pace nelle difficoltà. 

Affidarsi a Maria significa anche guardare al suo esempio e nessuno più di lei può insegnarci la via della vera adorazione di Gesù. 

sabato 13 agosto 2016

Massimiliano Kolbe, debolezza e santità


14 agosto – festa di san Massimiliano Kolbe

«Io pure sono debole e capace di cadere ad ogni istante, qualora l'Immacolata ritraesse la propria mano infinitamente misericordiosa; anzi, al giudizio di Dio vedremo se non è vero che io sono stato molto più debole di voi e se non è stato proprio per questo che l'Immacolata si è degnata di mostrare attraverso me quelle meraviglie che avete visto con i vostri occhi, che avete udito in Polonia e che state guardando anche ora. Nelle opere dell'Immacolata, infatti, avviene di solito così».

Se è vero che i santi sono stati uomini e donne come noi, deboli e tentati, questo è evidente anche dalle stupende confessioni che san Massimiliano ha lasciato, come questa scritta dal Giappone, dove nel ’30 era iniziata la nuova realtà della Città dell’Immacolata con gli “occhi a mandorla”. Quello che sentiamo di dover fare sempre più nostro, se vogliamo anche noi essere santi, è arrenderci alla nostra personale debolezza e incapacità e lasciare che Dio operi liberamente in noi.

Capire questo non è sufficiente, ovviamente. Ma se il nostro cuore è attratto e convinto da questa verità, allora possiamo incamminarci sereni sulla strada delle vera gioia in cui il Signore ci assisterà sempre accompagnandoci passo passo fino al pieno compimento del suo progetto di amore. Occorrano anni, tempi lunghi, perché il nostro spirito si lasci formare e trasformare, per cui abbiamo bisogno di pazienza, di entrare in quel laboratorio che è la nostra vita e permettere a Dio di lavorare.


Le meraviglie di cui parla padre Kolbe e che Maria riuscì a operare attraverso di lui sono dovute proprio alla sua umiltà, al fatto che Massimiliano un giorno si arrese alla sua debolezza e su questa basò tutta la propria forza, con fiducia e ottimismo. Il peggio che gli poteva capitare, ne era convinto, era morire, ma questa eventualità la considerava un dono e un bellissimo regalo, perché sarebbe andato prima in cielo, in paradiso. Leggerezza di un cuore santo che se è diventato santo è stato grazie alla sua umiltà che gli ha fatto occupare senza resistenza quel posto che Dio nella sua bontà gli aveva proposto. Che padre Kolbe ci ispiri e ci dia la sua gioiosa leggerezza di vivere!

domenica 7 agosto 2016

Dov'è il tuo tesoro




































«Siate pronti» questo l’invito di Gesù nel Vangelo di oggi (cf. Lc 12,32-48). Quella che ci viene offerta è una prospettiva diversa di vita: porci cioè nell’ottica di chi è presente a se stesso, capace di cogliere il senso pieno di quello che fa e che è, concentrato su ciò che conta e su quello che il Signore, attraverso tanti canali, gli indica come suo volere. Una vita non sbandata, ma che appartiene a qualcuno a cui ci si è affidati come il tesoro più grande. Lo scopo della vita è cercare il Signore finché non lo si è trovato, o meglio finché non ci si lascia incontrare da Lui. Da questo momento in poi può iniziare una fase nuova, quella in cui si vive la propria vita come una missione, con la coscienza di chi ha già trovato il suo tesoro e ha come compito quello di seguirne le ispirazioni.

L’affidamento a Maria come dono totale di sé ha proprio questo obiettivo: aiutarci a sgombrare il cuore dai tanti ostacoli e dalle tante resistenze anche inconsce per poter ricevere il dono che Gesù desidera farci di se stesso. A Maria noi chiediamo che ci aiuti a liberarci dai condizionamenti – culturali, sciali, personali – per permettere a Dio di poterci lavorare e modellare come piace ai suoi occhi. Il Signore non fa tutto da solo, però. Ha bisogno di noi, che la creta del nostro cuore voglia accogliere la sua azione. Altrimenti, Dio attende, con rispetto anche se con dolore. E allora in che modo possiamo contribuire?


Là dove è il tuo tesoro, è anche il tuo cuore. Fatti un tesoro sicuro nei cieli, ci suggerisce lo Spirito. Proviamo, come ha fatto Maria, prima discepola di Cristo, a fissare l’attenzione del cuore su ciò che ci ispira fiducia in Dio. Esercitiamoci a coltivare pensieri e sentimenti di amore e di pace, nutriamoci di immagini positive, che siano capaci di muovere quelle parti più nobili del nostro spirito, diamoci concretamente da fare per pregare, adorare, fare il bene, attraverso piccoli e grandi gesti di attenzione e di bontà. Prendiamoci cura di quello che mettiamo nella mente, nel cuore, nell’immaginazione. Non è secondario, si tratta invece di un indispensabile lavoro di purificazione che giorno per giorno ci aprirà alle prospettive di Dio. La fede si rafforza vivendola. Mettendola alla prova della propria vita. Provando sul serio a fondarvi tutta l’esistenza. Chi avrà avuto questo coraggio, come Maria, scoprirà che il tesoro che gli viene incontro è una Persona, Gesù, e allora avrà finito il viaggio, per incominciarne uno nuovo, finalmente libero e consapevole.  

sabato 16 luglio 2016

Fissi su di Lui


Una «ascoltava», l’altra «era distolta». Nel Vangelo di questa domenica (cf. Lc 10,38-42) è messo al centro l’essenziale: l’ascolto. Che significa essere aperti, sapere di non bastare a se stessi, di avere bisogno di un Altro da cui ricevere una parola di vita, trascendersi, essere fatti per oltrepassarsi e per dare credito a una Persona – l’unica – che può dirci e darci la verità. E all’opposto è focalizzata anche la grande tentazione quotidiana: essere distolti, lasciarsi prendere e interessare da ciò che ci porta lontano da noi stessi, dal nostro essere centrati e concentrai su Dio. Perché è così importante restare col pensiero e con il cuore su Dio? Perché è così pericoloso perdere questa sana contemplazione di Lui?
Maria, madre di Gesù e madre nostra, assomiglia davvero tanto a questa Maria di Betania, che è nella posizione del discepolo, seduta ai piedi del Maestro, avida di ascoltare da Lui la verità di se stessa e della storia umana, di Dio e del suo progetto di salvezza.

Ci affidiamo a  Maria per farci trasformare da lei e diventare persone che scelgono di mettere al primo posto l’ascolto della Parola di Dio, ma davvero. Ossia puntando sul serio sulla forza della Parola, credendo così profondamente ad essa da basare la giornata e l’intera vita su quello che ci comunica. Dal momento in cui ci doniamo a Maria, lei ci prende sotto la sua speciale protezione, e la sua azione materna si fa più stringente. Man mano che impariamo a dare a lei tutte le nostre realtà fatte di speranze, paure e desideri, ci rendiamo effettivamente conto che il suo aiuto si fa più visibile e concreto. Diventiamo cioè più sensibili e perciò capaci di accorgerci della sua presenza e dei suoi aiuti.

Questa azione di cui c’è assoluto bisogno e di cui non si può fare a meno che è l’ascolto di Dio, è l’atteggiamento più proprio di Maria e dunque anche quello che lei ha più a cuore e che intende trasmetterci. Non essere più noi al centro ma ricevere il senso dalle mani di chi lo possiede e desidera comunicarcelo è il cuore dell’ascolto. L’autentico ascoltatore è una persona che ha superato la tentazione di lasciarsi facilmente distogliere e ha scelto di rimanere in Gesù, nel suo amore, fissando il pensiero su di Lui, chiedendogli la grazia di non farsi distogliere mai da Lui, pensando a Lui, ricordando con commozione e gratitudine il suo volto, il suo affetto, i tanti modi paterni e amorosi con cui si è fatto sentire e percepire negli snodi della vita.


L’unico modo per gustare l’amore di Dio è quello di scegliere decisamente questa parte migliore che è l’ascolto di Dio. Un bene non ci sarà tolto se saremo coscienti che restarvi attaccati dipende da noi, dalla nostra capacità di dire no a tutto quello che costantemente tenta di distogliercene. 

sabato 9 luglio 2016

Amore che colma i vuoti

«Va’ e anche tu fa’ così» (cf. Lc 10,25-37). A cosa si riferisce il Signore nel Vangelo di questa domenica? Cos’è tanto importante e urgente fare da poter lasciare da parte tutto il resto per attuarla? La risposta è in un verbo: caricare. Nella storia che Gesù racconta c’è un uomo spezzato, abbandonato, lasciato solo nel suo dolore. E c’è un altro uomo che gli si fa vicino, si prende cura di lui, lo salva dalla sua desolazione, lo carica sulle spalle e molto più profondamente sul cuore.

Farsi carico, ovvero decidere che l’altro è parte di me, non è sganciato dalla mia visione dell’esistenza, dal mio modo di intendermi e di intendere la vita. Non si tratta prima di tutto di farsi carico delle  necessità materiali. Ma di farsi carico dei vuoti dell’altro, del bene che non riesce a fare, della vita che non riesce a esprimere. Un sfumatura fondamentale, che Maria, madre dallo sguardo attento e sensibile, ci insegna. Lei che si è fatta carico addirittura dell’umanità intera, non di dieci o tremila figli, ma di miliardi e miliardi di persone che nelle generazioni hanno abitato questa bella e povera terra. Lei ci fa capire che caricarsi l’altro è una cosa molto più semplice da capire di quanto pensiamo: si tratta di colmare tutti i vuoti di amore che l’altro per la sua ignoranza o sofferenza non riesce a riempire.

Trattenere una parola poco gentile, una lamentela, mettendoci amore preso dal nostro “sacco”, perdonare subito mettendo da parte la ferita che sentiamo per riempire di amore quel “buco” lasciato dall’altro. Maria ha capito e vissuto questo mistero di partecipazione alla salvezza, in realtà molto concreto. Lei ha intuito che si trattava di fare una scelta precisa nella vita, di prendere posizione, di andare a fare esattamente “così”, come Gesù chiedeva. Esserci in quella chiamata quotidiana all’amore in cui Gesù ci aspetta nel vuoto lasciato dall’altro e ci chiede di vivere lì il Vangelo, mettendoci amore. Maria a cui ci siamo affidati ci spinge a questa visione dinamica e positiva della vita cristiana. Una bella fatica che fa di noi dono per tutti e ci rende sempre più pronti per cogliere quel frutto dolce e profumato che il Padre ci prepara, e che non ci sarà mai più tolto. 

sabato 25 giugno 2016

Decisi per il bene


«Ti seguirò. Prima però…»: è questa la frase che risuona maggiormente nel Vangelo di questa domenica (Lc  9,51-62) in opposizione all’atteggiamento completamente opposto di Gesù che «prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme». La nostra vita si adatta e si costruisce su Cristo. Quando il cuore sente che Dio lo chiama a conversione, che gli suggerisce di lavorare su se stesso e di puntare sull’interiorità, sul suo rapporto con Lui, bisogna mettersi in cammino. Non in un modo qualunque ma con determinazione, prendendo sul serio la sua voce. Maria davanti a questa decisione del Figlio non è rimasta indietro. Non ha scelto una via di comodo, non è stata sulla difensiva. Ha abbracciato la volontà del Padre con la stessa apertura di Gesù, senza nessun “però”. Ha ridotto al minimo la distanza tra lei e Dio in modo da vivere sempre concentrata sulla via che Lui le stava tracciando.

Affidarci a Maria ci aiuta a fare nostri i suoi stessi atteggiamenti. Maria ci suggerisce di non lasciarci distogliere da quello che non viene da Dio. Come lei è stata sempre serena tenendo a bada i cattivi pensieri, così possiamo fare noi. Si tratta di una strategia che lei come madre ci propone per non perderci dietro quegli aspetti negativi della vita che, se rigettati, non hanno alcun potere. Maria ha guardato Gesù e ha imparato da lui. Vedendolo tanto deciso nel bene, si è rafforzata nella determinazione a seguire le vie di Dio. Tutto quello che ha imparato dietro a Gesù, lo comunica  a noi. Abbiamo un immenso bisogno di imparare questo modo di custodire il cuore e tenerlo rivolto verso Dio. Nel concreto questo comporta l’impegno di non cedere all’impulso di andare dietro ai pensieri e ai sentimenti negativi. E ha come frutto la percezione della propria forza interiore, della capacità che Dio ci dà di seguirlo e basta, senza alcun “però”, facendo, come diceva san Massimiliano Kolbe, quel che stiamo facendo, senza badare a quella marea di forze negative che costantemente si aggirano intorno a noi, con lo scopo di strapparci dalla serenità che viviamo in Dio.


sabato 4 giugno 2016

Restituiti alla vita


«Egli lo restituì a sua madre»  (cf. Lc 7,11-17). In questa domenica il Vangelo offre alla nostra preghiera la scena della risurrezione del ragazzo di Nain. Il perdono di Dio è capace di staccarci dalla morte e farci rinascere a vita nuova, aprendoci delle possibilità che non avremmo neppure immaginato di poter sperimentare. In questa stupenda scena Gesù col suo tocco gentile – il tocco della grazia – risana la frattura che la morte aveva creato e ristabilisce l’unità.

Anche Maria fece una esperienza simile, anche per lei c’è stata la grande prova della morte di suo figlio seguita dalla sua risurrezione. Il Padre celeste restituì a Maria suo figlio Gesù, quando le concesse di poterlo riabbracciare risorto. Noi che ci affidiamo a Maria, e che abbiamo scelto di vivere nel suo Cuore di madre, protetti dal suo amore, impariamo da lei il coraggio di vivere e la bellezza di vivere. Lei ci ripete: “Coraggio, mio figlio Gesù ti restituirà la vita”. Dopo la morte, la vita. Dopo le tante morti, la vita. Ognuno di noi, se sta seguendo seriamente Cristo, sa che il chicco della sua vita deve morire per portare frutto, altrimenti resta sterile. Si deve disfare, perdere, per sentire fin nel profondo quanto è debole e incapace di trattenere la sua vita, di conservarla e farla fiorire.


Questa specie di morte però – se abbiamo il coraggio e la fede di accoglierla – è il preludio della nuova vita, di una nuova chiamata da parte di Dio. In genere Dio non dà un dono se sa che sarà sciupato. Prima zappa intorno alla vigna, la pota, la concima, costruisce un pozzo, un  recinto, come il buon agricoltore. Quando ci sono tutte le condizioni, lascia andare dal cielo il suo nuovo dono. Se ci lasciamo attraversare dal mistero della morte e dell’annientamento, se lo viviamo con fede, sentiremo un giorno Gesù che col suo tocco gentile ci chiederà di alzarci per una nuova chiamata, per un nuovo tragitto da fare insieme. Maria ci suggerisce di vivere con fede il tempo in cui il nostro chicco di grano si disfa nel terreno, perché nella misura della nostra disponibilità a lasciarci trasformare, riceveremo direttamente dalle mani di Dio il dono di una nuova chiamata all’amore. 

sabato 28 maggio 2016

Di dono in dono

«Date voi stessi loro da mangiare» dice Gesù in questa domenica del Corpus Domini (cf. Lc 9,11-17). Parole che vanno dritto al cuore e parlano del dono di noi stessi, non di qualcosa di noi, oppure di qualche buona azione. Ci sembra di stare nella scena e di vedere l’espressione stupita degli apostoli nella cui mente avvenne un corto circuito. Non abbiamo nulla e dobbiamo dare! Non disponiamo dei mezzi necessari, non possiamo rivolgerci a qualcuno che ci dia una mano. Siamo senza nulla. Che cosa dobbiamo dunque donare a questa gente?

Anche Maria quando Dio le propose di diventare madre di Gesù non aveva le condizioni necessarie. Cosa poteva mai generare una vergine? Maria, catapultata in un altro mondo, fu pronta e diede il permesso a Dio di fare in lei quanto aveva in mente. Perciò ci comprende nel disorientamento che proviamo davanti alle chiamate di Dio. Perciò abbiamo bisogno di lei e di affidarci alle sue cure. Maria ci aiuta a non avere timore. Anche se conosciamo e amiamo Dio, proviamo comunque sempre un po’ di timore quando facciamo “discernimento” ossia quando distinguiamo in maniera sempre più netta i contorni della sua nuova chiamata.

Gli apostoli erano già dei chiamati, ma quel giorno quando si sentirono dire le parole: «date voi stessi loro da mangiare», ebbero timore nel considerare quello che gli stava chiedendo Gesù e i 5 pani e 2 pesci che si trovavano tra le mani. Ma poi si decisero a esporsi. 

Quando in noi si radica questo atteggiamento eucaristico, questo farsi dono, allora bisogna mettere sempre in conto che Dio ci chiamerà a una crescita costante, di dono in dono. Forse i discepoli mentre distribuivano quel pane che non finiva mai non ebbero la lucidità di fermarsi a riflettere su quello che stava accadendo. Troppo intenso quello che gli era capitato di vivere! Ma dopo, nel guardare le 12 ceste piene, si resero conto di essere stati strumenti del miracolo. Per ognuno di loro, una cesta piena di quello stesso pane che prima era il segno più evidente della loro impotenza.


«Ha guardato l’umiltà della sua serva»: Maria sa bene qual è l’unica condizione veramente indispensabile per il miracolo. Lasciare che Dio trasformi il nostro niente in un tutto se decidiamo di donarlo, non da soli, con le nostre forze, ma uniti a Lui, a cui sempre dobbiamo chiedere la grazia di farci capire fino a che punto Lui si è donato e si dona per noi, nell'Eucaristia come in ogni nostro respiro. 

sabato 21 maggio 2016

Verso una vita creativa



«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (cf. Gv 16,12-15). Con queste parole Gesù, nella domenica in cui celebriamo il mistero di Dio come Trinità di amore, ci dice una cosa importante per la nostra vita: nulla è scritto e determinato, ma ogni percorso esistenziale è aperto e dinamico. Una cosa è scritta ed è la certezza di essere amati da Dio. Ma tutto il resto, vale a dire quello che a noi interessa sapere finché siamo su questa terra, possiamo costruirlo insieme con Lui, scegliendo ogni giorno il bene, nelle modalità che di volta in volta sapremo trovare insieme con Lui.

L’affidamento a Maria, che noi abbiamo scelto come consegna della nostra intera esistenza, risponde esattamente a questa esigenza. Essere sempre creativi nella disponibilità a esplorare nuove maniere di donarci, per il bene nostro e degli altri. Se Maria avesse saputo tutto in una volta quello che le sarebbe accaduto, non avrebbe potuto imparare l’arte di crescere e di donare il suo tempo e i suoi talenti e soprattutto non sarebbe stata responsabile delle sue scelte. Così lei, nel prenderci sotto la sua protezione, ci aiuta a capire - leggendo i due libri fondamentali che sono la Parola di Dio e la vita - in quale direzione investirci e quale tentativo osare per tradurre nella concretezza ciò che Dio ci suggerisce nel cuore.

Impresa impossibile senza la fiducia nello Spirito Santo. Questo non significa che non andiamo incontro al fallimento o all’errore, ma che quello che conta è la rettitudine interiore. Se stiamo cercando semplicemente di fare la sua volontà e non la nostra, Dio si farà capire. A chi di noi non è mai capitato di incaponirsi su una strada e non riuscire a proseguire non per una nostra decisione ma perché Lui ha voluto così? E in questo modo abbiamo capito che ci ha impedito di commettere degli sbagli grossi e plateali. Così saremo beati se, incuranti delle possibili sconfitte, abbiamo il coraggio di mettere in pratica quello che Lui ci dice, specialmente se non abbiamo la minima idea di come dare inizio all’opera. Lo Spirito Santo verrà e vi guiderà, promette Gesù.


sabato 14 maggio 2016

Felici delle sorprese di Dio




Domenica di Pentecoste con il Vangelo (Gv 14, 15-26) in cui Gesù promette il dono dello Spirito Santo, il Paràclito che resterà con noi per sempre e che vivendo in noi renderà presente nella nostra carne, nella nostra vita Gesù stesso e le sue parole. Promessa mantenuta a Pentecoste, 50 giorni dopo la Risurrezione. Quella sera speciale di duemila anni fa ci è raccontata negli Atti: Maria e gli apostoli erano radunati insieme, e vivevano l’attesa della promessa mantenendo un clima di particolare preghiera. Gesù gli aveva chiesto di restare in città dove avrebbero ricevuto lo Spirito. Per Maria dovette essere un passaggio molto forte.

Quando Luca ci dice che lo Spirito arrivò all’improvviso, mentre il giorno della Pentecoste stava compiendosi, ci sembra di rivedere Maria in altre circostanze. Dopo l’annunciazione, quando Giuseppe sembrava essersi allontanato e per lei iniziava un tempo di solitudine e di prova, ecco che all’improvviso l’angelo interviene e risolve tutto. Quando la vita del piccolo Gesù è in pericolo, Dio li porta via, facendoli trasferire in un’altra nazione. Quando con la morte di Gesù la promessa sembra delusa, ecco che la risurrezione ribalta ogni cosa e rinnova dalle fondamenta la faccia della terra. Ora nel cenacolo ancora una volta Maria partecipa a una manifestazione di Dio che è sì frutto di una promessa, quindi certa, ma assolutamente inaspettata nelle sue modalità. Ancora una volta all’improvviso Dio scombussola tutto e col soffio del suo vento rinnovatore allontana vecchie paure e apre a un nuovo coraggio.

Gli apostoli sono stretti attorno a Maria, madre sapiente, che conosce bene l’agire di Dio ma che continua a stupirsi, con i suoi grandi occhi innocenti, davanti alla creatività con cui Lui sa farsi presente, illuminando di novità i nostri tramonti. Noi che siamo affidati a Maria sentiamo il bisogno di custodire come lei questa attesa profonda dello Spirito Santo, e siamo davvero felici che il nostro Dio ci sorprenda giungendo alla fine della giornata e all’improvviso, perché sentiamo che la nostra vita è dinamica, aperta e in continua crescita. Amiamo questo modo di agire del Signore anche se non lo comprendiamo fino in fondo, ma come Maria sappiamo che è per il nostro bene, perché siamo audaci e fiduciosi, e sempre pronti a ricominciare. La vita del cristiano è un allenamento alle sorprese di Dio!

giovedì 5 maggio 2016

Accogliere lo Spirito



Inizia questo venerdì la novena in preparazione al dono dello Spirito Santo. Lo Spirito c'è già, già abita i nostri cuori e la nostra terra, non dobbiamo cercarlo quanto accoglierlo. San Massimiliano ci svela il modo, l'unico possibile: la preghiera. Intensa, attenta, sentita, sofferta. La preghiera che è segreto colloquio con il Signore in tempi precisi e in mezzo alle quotidiane occupazioni. Sguardo fisso sull'essenziale, coscienza viva della sua presenza. Se fosse spontaneo pregare, non staremmo a parlarne. Il tempo, lo spazio, l'attenzione sono coordinate che dobbiamo scegliere. 

Gli apostoli aspettavano perseverando nella preghiera, insieme con Maria. Il modo più semplice è stabilire da oggi il rosario quotidiano. Se affidiamo a Maria la nostra attesa dello Spirito Santo, con lei lo riceveremo di nuovo. Poi l'impegno a tenere sempre unito il cuore con quello di Cristo. Chiudere ogni tanto gli occhi e pensare che Lui c'è e tiene la sua mano sulla nostra testa, per benedirci, per custodirci. Infine vivere intensamente la preghiera della Chiesa, partecipare alla liturgia, proporre momenti di adorazione e di riflessione, cantare e lodare il Signore. Anche queste cose non si producono spontaneamente. Noi dobbiamo animare e proporre, noi dobbiamo unirci e mettere i nostri talenti a disposizione della comunità. Lo Spirito si riceve con passione e intensità. 

Per Dio le tappe sono importanti, perciò ha voluto la liturgia con il suo cammino annuale. Perché facciamo esperienza che un momento non è come un altro e che quando a un momento importante ci si prepara bene, si vive una grazia speciale e si ha maggiore chiarezza interiore del passaggio che è avvenuto. Si vede un prima e un poi. Massimiliano Kolbe si è donato interamente a Maria e poi non ha più pensato a sé, ma unicamente a come farsi condurre dallo Spirito Santo e a come condurre gli altri allo stesso abbandono. Per questo si è speso senza misura. Prepariamoci bene alla Pentecoste. Interiorizzando la Parola, anche noi ci renderemo conto della chiamata di Dio e del passo concreto da fare. Saremo perciò nuovi, rinnovati dal di dentro e motivati dallo Spirito che ci si è manifestato ancora una volta. 

sabato 30 aprile 2016

La segreta gioia di Maria


«Lo Spirito Santo che il padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,23-29). Come la notte viene lentamente diradata dal sorgere del sole che inizia a mandare da lontano i primi segni della sua prossima venuta, così fa Gesù in questa VI domenica di Pasqua incominciando a prepararci al dono del suo Spirito. Una segreta gioia dovette nascere in Maria quando con gli apostoli aspettava il momento esatto in cui queste parole di suo Figlio si sarebbero avverate. Maria non viveva sempre con gli stessi sentimenti. Abbiamo di lei un’idea a volte un po’ astratta. Non è vero che aveva sempre nel cuore la stessa tavolozza di sentimenti. Ha conosciuto solitudine, angoscia, sofferenza, povertà anche se sempre con la pace profonda di Dio. Quella pace che Gesù oggi ci ricorda di averci donato per sempre. Una pace che nessuno può strapparci perché è Cristo in noi.


Maria dunque la immaginiamo ora piena di attesa interiore. Lo Spirito verrà e rinnoverà ogni cosa dal di dentro. Sentiamo questa gioia, questa attesa, questa segreta intuizione del cuore. Con lei ci prepariamo al grande dono, ormai vicino. Maria dovette provare una grandissimo desiderio di novità. Non la novità del mondo, che nasce dalla ricerca di nuovi piaceri e nuove compensazioni. Ma la novità che soltanto lo Spirito Santo può creare, infondendo vita a ciò che era morto, aprendo strade nei deserti delle nostre famiglie  e comunità, rigenerando con la sua linfa vitale e spingendo ad uscire, a farsi esploratori di nuove possibilità.


Maria sapeva che lo Spirito avrebbe compiuto la promessa: renderla madre dell’umanità. Sentiva che la volontà del Figlio era prossima a compiersi. Dovette pensare all’altro compimento. Quando partorì Gesù. Anche allora la Parola si era compiuta. Dio è fedele. Ora perciò sta per rinnovarsi il prodigio di un Dio che, dopo misteriose strade e situazioni, conduce infine dove aveva in mente di portare Maria, come ciascuno di noi. Vieni Santo Spirito! Desideriamo pregare ogni giorno della vita in questo modo e ancora più ora che attraverso la sua amata Chiesa lo Spirito sta per rinnovare i suoi prodigi. A noi credere con tutto il cuore!

La Via della felicità