sabato 19 novembre 2016

Salva te stesso o salvati da te stesso

Vangelo del paradosso questo con cui si conclude l’anno liturgico (cf. Lc 23,35-43). Nella festa di Cristo Re dell’universo, siamo messi davanti al dolore innocente, che salva. La vita per l’uomo, e lo vediamo in chi attorno a noi non crede, è indecifrabile senza la salvezza portata da Gesù. Quale salvezza? Non il benessere, lo stato ideale in cui non abbiamo alcuna percezione della sofferenza. La salvezza di Gesù è la forza del suo amore e il senso che viene dal sapersi amati dentro le situazioni della vita. Una forza che però è davvero accolta quando a sua volta esce da se stessa per donare vita agli altri. 

Questo amore che è salvezza dal male e che Gesù dona negli ultimi istanti, mentre agonizza sulla croce, è vita per il buon ladrone e per quanti lo accolgono. C’è una tale grazia nel soffrire per amore da farci comprendere perché i santi non hanno avuto timore di soffrire, anzi hanno abbracciato le prove e le lacerazioni come un bene prezioso. Hanno accolto la salvezza di Gesù e non si sono fatti una salvezza a propria misura, ma hanno lasciato il bisogno tanto naturale di benessere per seguirlo sulle vie misteriose della donazione di sé. 

L’affidamento a Maria ci pone in questa scena, anche se in Luca non c’è la parola che ci affida direttamente a lei. Maria avrebbe avuto tutti i diritti di dire: “salva te stesso”, anzi avrebbe avuto il diritto di gridarlo. Ma il linguaggio della pretesa non le appartiene, neppure la sfiora. Il suo abbandono è un profumo che sale lento e silenzioso dalla terra bagnata di sangue del figlio amato al cielo limpido e puro in cui abita l’altra natura del figlio suo, quella divina. Affidarsi a Maria, chiederle umilmente di essere accolti nello spazio dolce e provato del suo cuore di madre, significa allora lasciare che anche il dolore trovi una casa accogliente in cui poter dispiegare la sua vita, misteriosa quanto vogliamo, ma pur sempre vita. Nessuno di noi è capace di sopportare allegramente la prova, ma tutti possiamo viverla in un modo cristiano, non fuggendola, ma lasciandola essere. Maria ha raccolto dalla bocca del figlio ogni sillaba, anche quelle dette in quest’ora: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. 

C’è un paradiso di amore da accogliere ogni istante specialmente quando stiamo male, e se ancora non lo sperimentiamo forse è perché non abbiamo ancora chiesto con tutto il cuore, come il ladrone disperato: “Ricordati di me, Signore”.  

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