sabato 26 novembre 2016

Pronti e vigilanti

“Vegliate e tenetevi pronti”, questa l’idea forza del Vangelo della I domenica di Avvento (Cf. Mt 24,37-44). In questo atteggiamento di ascolto cosciente di se stessi, della vita e della storia sta la chiave per aprire la porta della nostra stabilità e felicità. Una via che appare tanto scontata quanto invece disattesa. È la strada percorsa dai discepoli di tutti i tempi, prima fra tutti la discepola per eccellenza, Maria. Noi infatti desideriamo camminare con lei nel cercare il modo personale di vivere il Vangelo. Abbiamo accolto l’invito di Gesù di non procedere da soli, senza una madre al nostro fianco. In lei non c’è nulla di distante dalla volontà di Dio anzi tutto quello che lei ci suggerisce va nella linea dell’obbedienza, cioè dell’ascolto attivo che diventa scelta concreta. È stata pronta Maria e ha vegliato nella sua vita. Cosa significa questo? Che è stata sempre in preghiera e non si è coinvolta con la storia? Che ha trascorso tutto il suo tempo in meditazione senza curarsi di quello che accadeva al suo vicino?

Sappiamo dai Vangeli che non fu così. Tanto prontamente riuscì a cogliere le chiamate di Dio e a rispondervi quanto era intenta a custodire nel suo intimo la Parola del Padre e del Figlio e i segni che la Provvidenza andava seminando davanti a lei. Un solo esempio: il suo lungo viaggio verso la Giudea, quando era incinta. Sarebbe bastata una trascuratezza, una superficialità, una disattenzione per non accorgersi di quella spinta interiore ad andare, ad uscire. E il segno di Elisabetta non l’avrebbe raggiunta e confermata come invece accadde. Chi fa fatica a capire Dio nella propria vita può rivolgersi con fiducia a Maria e chiederle di aiutarlo a non dare per scontato quello che vive, a saper pesare e sentire la profondità delle cose che lo circondano, dei fatti che accadono, delle persone che gli vengono incontro.


I disegni che le onde marine lasciano sulla spiaggia può vederle solo chi si ferma in un angolino e lascia che lo sguardo si posi sul movimento dell’acqua. Così è del nostro spazio interiore, il più importante, perché regge tutta l’impalcatura della nostra persona, eppure nello stesso tempo il più trascurato. Si veglia e ci si tiene pronti se si ha a cuore la propria vita e felicità, e si sceglie, con semplicità e fiducia, di affidarsi a chi può dare una mano sicura, perché non mente, e non è interessata, se non alla nostra gioia eterna. L’Avvento che inizia ci stimola a prendere la mano di Maria e a iniziare o ricominciare con nuova energia questo viaggio. 

sabato 19 novembre 2016

Salva te stesso o salvati da te stesso

Vangelo del paradosso questo con cui si conclude l’anno liturgico (cf. Lc 23,35-43). Nella festa di Cristo Re dell’universo, siamo messi davanti al dolore innocente, che salva. La vita per l’uomo, e lo vediamo in chi attorno a noi non crede, è indecifrabile senza la salvezza portata da Gesù. Quale salvezza? Non il benessere, lo stato ideale in cui non abbiamo alcuna percezione della sofferenza. La salvezza di Gesù è la forza del suo amore e il senso che viene dal sapersi amati dentro le situazioni della vita. Una forza che però è davvero accolta quando a sua volta esce da se stessa per donare vita agli altri. 

Questo amore che è salvezza dal male e che Gesù dona negli ultimi istanti, mentre agonizza sulla croce, è vita per il buon ladrone e per quanti lo accolgono. C’è una tale grazia nel soffrire per amore da farci comprendere perché i santi non hanno avuto timore di soffrire, anzi hanno abbracciato le prove e le lacerazioni come un bene prezioso. Hanno accolto la salvezza di Gesù e non si sono fatti una salvezza a propria misura, ma hanno lasciato il bisogno tanto naturale di benessere per seguirlo sulle vie misteriose della donazione di sé. 

L’affidamento a Maria ci pone in questa scena, anche se in Luca non c’è la parola che ci affida direttamente a lei. Maria avrebbe avuto tutti i diritti di dire: “salva te stesso”, anzi avrebbe avuto il diritto di gridarlo. Ma il linguaggio della pretesa non le appartiene, neppure la sfiora. Il suo abbandono è un profumo che sale lento e silenzioso dalla terra bagnata di sangue del figlio amato al cielo limpido e puro in cui abita l’altra natura del figlio suo, quella divina. Affidarsi a Maria, chiederle umilmente di essere accolti nello spazio dolce e provato del suo cuore di madre, significa allora lasciare che anche il dolore trovi una casa accogliente in cui poter dispiegare la sua vita, misteriosa quanto vogliamo, ma pur sempre vita. Nessuno di noi è capace di sopportare allegramente la prova, ma tutti possiamo viverla in un modo cristiano, non fuggendola, ma lasciandola essere. Maria ha raccolto dalla bocca del figlio ogni sillaba, anche quelle dette in quest’ora: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. 

C’è un paradiso di amore da accogliere ogni istante specialmente quando stiamo male, e se ancora non lo sperimentiamo forse è perché non abbiamo ancora chiesto con tutto il cuore, come il ladrone disperato: “Ricordati di me, Signore”.  

lunedì 14 novembre 2016

Con Dio puoi

Spirito d'iniziativa o accoglienza? Per il cristiano non c'è la congiunzione "oppure" ma la congiunzione "e". Se c'è accoglienza della volontà di Dio per noi, del suo desiderio di bene per noi, ci sarà di conseguenza anche lo spirito d'iniziativa. La creatività nasce in quel cerchio felice in cui siamo posti e ci è consegnato quel "puoi" di cui parla Genesi che è un invito paterno a mettere in campo tutte le più belle energie vitali per creare e generare a tutti i livelli.
Questa è la libertà dell'affidamento a Maria secondo san Massimiliano Kolbe. Non porta a essere semplici esecutori... in realtà se non c'è la risposta umana, Dio non si impone mai e l'uomo resta con le sue forze a fare progetti alla sua portata. Porta invece a essere capaci di collaborare niente meno che con Dio... accogliere, dunque attendere il dono da Dio, e collaborare in una risposta gioiosa che coinvolge tutta la persona.
Lasciarsi condurre non significa lasciare tutto a Dio, ma collaborare con Lui con il massimo della passione. Sapendo che ci è data la possibilità di muoverci all'interno di un progetto che viene da Lui e che perciò ci aprirà a orizzonti inauditi di bellezza. 

sabato 5 novembre 2016

Quell'amore che ci abita

Un Vangelo, questo di domenica, in cui il discorso sulla vita eterna, su ciò che è duraturo, getta tanta luce e comprensione sul presente (cf. Lc 20,27-38). C’è vita e vita. Un sopravvivere che è un restare al livello di quello che si vede e si tocca coi sensi esterni, e una vita che si gusta nel profondo dello spirito e che dall’interno si espande verso l’esterno, nutrendo in profondità il bisogno di amore e di significato. C’è una vita che è la vita dell’uomo nuovo, direbbe san Paolo. Quell’uomo che ha scoperto che il suo cuore è abitato da una presenza. Una presenza che non è neutra, ma amante. Abbiamo un Dio che ama in noi. Fare questa scoperta e lasciarsene trasformare non è automatico. Molto più semplice restare a quello che si fa a livello umano: prendere moglie e marito senza andare al di là di quello che si vede nella moglie e nel marito, accasarsi, fare scelte che si fermano al dato senza aprirsi al mistero.

Maria che è il modello del nostro cammino di discepoli, perché ci siamo affidati a lei, ha non solo fatto questa grande scoperta nella sua vita, ma ha anche avuto da Dio il dono di una chiamata specifica. Quella di vivere la relazione di amore con Lui in maniera esclusiva. In questo senso il fatto che sia stata felice e realizzata ci fa capire che è quello il nostro scopo: prendere coscienza e valorizzare l’amore che ci abita fino a farne il nostro univo motivo di gioia. Maria è lo specchio in cui dobbiamo saperci guardare. La Chiesa ce lo dice, e sempre ce lo suggerisce. E noi che ci siamo affidati a lei sappiamo che è importante saper legger la nostra storia alla luce della sua esperienza di vita. Oggi perciò, toccati da queste parole di Gesù, sentiamo che Maria ci guarda con intensità per dirci: “Il tuo Dio in te è il Dio amante della vita, e della tua vita. Il Dio che è innamorato di te”.
Portiamo dentro un amore personalissimo che vuole farci camminare dietro a Lui, attratti dalla sua gioia, dalla sua vitalità, dalla sua passione. Come reagiremo? Maria si è messa in cammino su sentieri incomprensibili, in cui l’unica logica era l’amore e la fiducia in Dio, il cui sguardo vede dall’alto e perciò sa mettere ordine anche nel nostro apparente disordine.


Ci lasceremo, Maria, guidare dalla tua bontà di Madre, ci lasceremo aiutare per rispondere alla tua chiamata. Tu ci confermi che Dio crea sempre cose grandi e buone, usando come materiale la nostra debole umanità insieme con le altrettanto deboli situazioni che ci capitano. È del tuo stupore che abbiamo desiderio, Madre, ed è quello che oggi ti chiediamo, mentre viviamo il nostro affidamento a te come un punto fermo che ci fa sentire saldi, ben piantati sul terreno del tuo esserci Madre.  

La Via della felicità