domenica 2 aprile 2017

L'arte di togliere pietre

«Togliete la pietra!» (cf. Gv 11,1-45). Il grande miracolo della risurrezione di Lazzaro è il miracolo dell’amore autentico, che non si ferma davanti ai sepolcri e alle morti ma sa spingersi oltre, credendo all’impossibile di Dio. Ci colpisce che questa pietra siamo chiamati a toglierla noi. Ma poi ci ricordiamo dei cinque pani e due pesci che Gesù usò per moltiplicare il cibo. Il Signore sembra dirci: “non senza di te, ma io e te insieme, io, te e i tuoi fratelli”. Comunità che tolgono pietre, che sollevano, che lavorano per favorire l’apertura del cuore di chi sta male e non ce la fa da solo a uscire dal sepolcro. Certo la fatica maggiore sta talvolta nella volontà di collaborazione. Chi sta male magari non vede la radice del suo malessere e lo scarica sugli altri. Non ci sono facili ricette. 

Certo un grande aiuto ci viene dall’esserci affidati a Maria. Una madre sa quanto sia duro amare il figlio della propria carne quando questo figlio non agisce correttamente. Quanta sapienza avrà usato Maria nel convivere con gli altri! Non è stata circondata solo da buone persone, non ci sono stati solo dei Giuseppe e dei Gesù intorno a lei. Ci sono anche stati accusatori, malelingue, gente dal cuore duro, pronto alla critica. Ma anche il colpo più duro: assassini di suo figlio. Quante pietre avrà tolto Maria dai cuori. Con la sua preghiera, il suo continuo rivolgersi a Dio, chiedendogli la grazia di toccare quei cuori. Quanta silenziosa offerta, quanto dolore portato con amore, senza replicare. Quanti gesti di perdono, di vicinanza. Le nostre comunità sono terre ferite, abitate da cuori spezzati, piagati, che non vedono quello che li affligge e affliggono gli altri. 

Ma chi invece è stato già risanato e riconosce l’azione di Dio nella sua vita, è chiamato ora, in questo tempo particolare che viviamo, a farsi promotore di cieli nuovi e terre nuove. Per togliere le pietre occorre sì tanta preghiera ma anche l’umile cammino umano fatto di conoscenza di se stessi, e di scoperta delle proprie storture. Forse allora quello che occorre sanare è l’ignoranza di se stessi e il voler a tutti i costi lasciare ogni responsabilità alla grazia. Ma senza togliere le pietre delle nostre occlusioni mentali la luce di Cristo non può entrare e guarire. Questione di maturità, di responsabilità, di cura dell’umano. Se prima non partiamo dall’umano, se prima non educhiamo l’umano, non riusciremo a capire perché, pur con tutta la buona volontà, non nascono luoghi di serena accoglienza e di gioiosa condivisione. 


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