sabato 11 novembre 2017

Attesa dello sposo

Ecco lo sposo. È questo grido che si sente all’improvviso nella notte buia a illuminare con intensità questa pagina di Vangelo domenicale (cf. Mt 25,1-13). Gesù per parlare del suo amore, del Regno che è il suo amore, la sua vita donata a noi, usa questa singolare parabola che ha per protagoniste dieci vergini in attesa dello sposo. Le vergini erano compagne della sposa che fungevano un po’ come damigelle col compito di andare incontro allo sposo, il quale prendeva la sua fidanzata e insieme si recavano al banchetto di nozze. Accade però un fatto insolito: lo sposo accumula un ritardo tale che le ragazze, sfinite dal sonno, si addormentano. Ma all’improvviso si sente un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! All’udire questo grido, tutte le ragazze saltano su. Le cinque sagge che avevano preso dei vasi d’olio di riserva, accendono le lampade. Le altre, che Gesù definisce stolte, sono al buio e chiedono inutilmente alla compagne parte del loro olio. La risposta è negativa: se ne vogliono, che vadano a comprarlo! Mentre quelle vanno, arriva lo sposo che porta con sé le cinque vergini alle nozze, chiudendo la porta. Quando le altre arrivano si trovano davanti  la porta chiusa. Bussano chiedendo di entrare, ma lo sposo risponde dicendo di non conoscerle. L’invito è perciò quello di vigilare in attesa del Signore, per non perdere l’appuntamento con la grazia e con le grazie.

Tanti hanno scritto e riflettuto per capire cosa intendesse Gesù con quest’olio. Quello che sappiamo è che l’olio in questione è un combustibile per fare luce, per cui ci piace pensare che corrisponde, come direbbe papa Francesco, alla quantità di luce che abbiamo nell’anima, dunque non è possibile prestarla perché è una realtà personale. È la vita stessa della persona che o brucia d’amore per Dio e per gli altri oppure è spenta e inaridita. Nessuno può rispondere dell’altro e delle sue scelte. Nessuno può sostituirsi all’altro. Al momento della grazia, dell’arrivo dello sposo nelle nostre giornate, nei nostri attimi di vita, siamo proprio noi ad essere raggiunti, non l’altro accanto a noi o dietro di noi. Inutile voltarsi alla ricerca di un altro interessato.

Mi ami tu? È la parola che Gesù rivolge a Pietro guardandolo dritto negli occhi. Il lampo quando fende l’aria e la divide in due, non chiede il permesso. Ma il nostro cuore può essere morbido e pronto oppure rivolto altrove e poco interessato. Questione di familiarità. Se c’è stata amicizia, ascolto reciproco, dialogo, conoscenza e amore dato e ricevuto, allora si riconosce lo sposo e gli si va incontro senza indugio. Un atteggiamento, quello dell’attesa, tipicamente mariano. Da Maria impariamo quest’arte bella dell’attesa. Quando termina il suo dialogo con l’angelo ed è ora di dare la sua risposta alla proposta di Dio, non esita a dire il suo sì anzi l’espressione che usa (Avvenga!) è densissima ed esprime il suo desiderio ardente di andargli incontro e di unire la propria vita alla sua in una donazione senza misura. Maria non solo aveva tanto olio di riserva ma non era neppure addormentata: l’olio del suo amore la teneva sveglia e pronta a corrispondere.


Tutta la vita è un santo desiderio, ci ricorda sant’Agostino e ci fa capire che Dio ci incontra sempre, in modalità differenti, ma sempre e che sta a noi accoglierlo sempre più largamente, coltivando come Maria lo stupore dell’incontro con Lui. Verissimo! Se però questo desiderio resta vago e incerto si confonde con i bisogni e con tante altre spinte, se invece viene identificato e coltivato come desiderio di Dio, allora diventa un faro che illumina ogni istante e gli dà senso. 

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