sabato 16 dicembre 2017

Essere Parola

Sono voce: questo dice Giovanni Battista di se stesso nel Vangelo di questa domenica (cf. Gv 1,6ss). Si vede dal punto di vista della sua identità più profonda. Un figlio amato dal Padre celeste, che sa chi è e perché vive, e ha chiaro il compito affidatogli nella vita. Avere senso e direzione sono le cose più necessarie per ognuno di noi. Non è un caso che i giovani specialmente - ma non solo – si chiedano: ma io chi sono chiamato ad essere? Una domanda che preme, che urge dentro, che è impellente e che richiede lo sforzo di essere presa in seria considerazione, se non si vuole fallire il bersaglio. Il Battista si definisce “voce” e ci indica un criterio: per esser voce bisogna sapere cosa dire e quindi il Battista si presenta come un ascoltatore attento della voce di Dio. Come potrebbe se no parlare in nome di Dio, dire la Sua Parola? Farsi portavoce di un Altro? 

Allora per capire chi siamo e qual è il compito che ci riguarda nella vita, dobbiamo farci grandi ascoltatori della Parola di Dio. Non occorre una grande conoscenza, occorre la tenacia interiore – tipica di questo tempo di Avvento – che ci fa iniziare ogni giornata col piede giusto, ossia con l’ascolto del Vangelo. Non io per primo, ma Dio per primo. Un criterio facile facile, eppure troppe volte disatteso, incompreso  e sottovalutato. Ma il grande salto della fede e della vita, la grande svolta avviene qui, nell’ascolto fiducioso della sua Parola per noi, per me, per te. Ci si educa a questo, nulla è spontaneo nell’uomo, se non le funzioni più elementari. Il resto di ciò che è umano e ci umanizza va conquistato con l’esercizio, l’impegno, l’attenzione del cuore. Ci vuole profonda concentrazione per arrivare a leggere la Parola come assetati. Bisogna sentirla questa sete del cuore, questo bisogno di senso da dare alla giornata, alla vita, ai fatti che ci accadono. Il dialogo con Gesù accade nel raccoglimento, e per raccogliersi ci vuole lo sforzo di concentrarsi e restare in Lui, nella Parola. Il risultato di questo ascolto è l’incontro vivo con Dio, col Padre, con nostro Padre. E se c’è questo, c’è il coraggio un po’ folle di puntare tutto sulla Parola ascoltata. 

Quando Maria dice all’angelo "Avvenga", sta appunto dicendo a Dio di affrettare i tempi, di compiere ciò che vuole compiere. E così ci insegna a credere a ciò che ascoltiamo. Credere non vuol dire che miracolosamente aderiamo senza dubbi alla Parola, credere vuol dire scegliere di appoggiarsi a questa Parola e rischiare tutto su di essa. Maria, il Battista, i profeti, sono alcune delle figure tipiche dell’Avvento. Uomini e donne segnate da un'unica caratteristica: vivere la Parola, seguirla sine glossa, direbbe san Francesco, farla così come ci arriva, aprirci come bambini al dono del Padre, anche quando stiamo chiedendo qualcosa che stenta a concretizzarsi, soprattutto quando situazioni dolorose non si risolvono ancora. Questo è il momento di fare la Parola, come Maria, come il Battista, il momenti di non smuoversi dalla certezza – quella caparbietà tipica dei bambini, dei figli che si affidano – che alla fine sgorgheranno fiumi nel deserto… non per opera nostra, ma perché Dio lo farà per chi avrà creduto: “Io cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in zona di sorgenti” (cf. Is 41ss). 

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