sabato 21 gennaio 2017

Lasciare e amare

«Lasciò Nazaret» è detto in apertura del Vangelo di questa domenica (cf. Mt 4,12-17). Anche per Gesù, come per ogni uomo, è venuto il momento di staccarsi dal grembo materno per avventurarsi nel  mondo. Il giorno in cui Gesù chiuse quell’uscio, qualcosa si spezzò dentro di lui e dentro il cuore di Maria. Non si può sapere quale dolore fu più grande: se quello di lei, che vide la luce dei suoi occhi sottrarsi al suo sguardo, oppure se quello di lui, che si sentì strappato dal suo caldo abbraccio. Momenti cruciali e nello stesso tempo necessari al nostro passo di viandanti, per essere fedeli a una chiamata che ci precede e che ci spinge avanti, verso nuovi orizzonti.

Quello che è certo è che l’amore profondo con cui Maria e Gesù si lasciarono era tanto radicato nell’eternità da costituire come una realtà potente che sorreggeva ognuno di loro dall’interno. «L’amore di Cristo ci possiede», dirà un giorno non lontano Paolo. È questa l’esperienza della fede. Non teorie, non parole, non buoni sentimenti soltanto, ma la percezione più certa di ogni certezza di vivere appoggiati su di lui. Questo amore ha dato a Gesù la forza di porre la sua nuova residenza  a Cafarnao. Un caso? Solo perché lì viveva Pietro? No.

Matteo ci dice che c’era un piano divino da sempre scritto nel cuore di Dio. Un piano di salvezza per noi, immersi nel buio dei peccati e della non conoscenza di Dio. Quella luce che era previsto un giorno ci raggiungesse, ora era lì, dov’era previsto che fosse. Il tempo è superiore allo spazio, ci ha ricordato papa Francesco. Il tempo è superiore perché la nostra salvezza è un processo, non è un possesso. Non ci salviamo, non realizziamo interamente la volontà di Dio nella nostra vita in un solo momento, ma dentro un percorso che termina col nostro ultimo respiro. Pagine da scrivere sul quel foglio speciale che è la storia, dove nulla è già determinato,  e tutto può cambiare, anzi deve cambiare, se è vero che le prime parole di Gesù sono: “Convertitevi, cioè trasformatevi e iniziate a credere alle mie parole di vita”.


Maria, ci affidiamo a te, contemplandoti in quel giorno  duro e nello stesso tempo pieno di grazia in cui hai dovuto lasciare andare il tuo Gesù, e ti chiediamo di darci la tua stessa serena  fiducia, quell’abbandono profumato di dolce rassegnazione che non è sconfitta ma resa davanti a un progetto tanto bello e grande quanto esigente. Desideriamo fare l’esperienza della trasformazione del cuore, perché è per noi un’esigenza insopprimibile diventare sempre più umani, sempre più simili a te.

sabato 14 gennaio 2017

Santo desiderio

«Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo"» (cf. Gv 1,29-34). Stupenda questa constatazione del Battista, che spiega la sua scelta coraggiosa. Pur non avendo a lungo conosciuto Gesù, pur non avendo avuto garanzie visibili della sua persona, pur non avendolo potuto toccare e vedere per molti anni, tuttavia lo aveva servito, si era giocato totalmente per lui, non a parole, ma coi fatti. Qualcuno però gli aveva detto che un giorno avrebbe incontrato il Messia, ricevendo anche un segno e cioè la possibilità di cogliere l’azione dello Spirito Santo su di lui. Questo Qualcuno era Dio. Ci affascina l’umiltà del Battista nell’accogliere la volontà di Dio senza pretese di ulteriori chiarimenti. Dio ha detto questo, io lo faccio, ho fiducia. Dovrò metterci tutto quello che ho, ridimensionare continuamente le mie attese, lasciarmi interpellare da un progetto che non sono io a decidere, ma io mi fido. 

Nel nostro cuore scende un brivido. Sì, è così che funziona quando mettiamo la nostra vita nelle sue mani. Abramo ne seppe qualcosa, e con lui tanti uomini e donne di fede, fino a Maria. Lei pure ha servito un progetto di cui le sfuggivano i contorni. Un po’ come accade a noi, che intuiamo, sentiamo, e siamo anche confermati, dalla vita, dalla Parola, ma capiamo anche molto bene che non possediamo il quadro pieno e che anzi più andiamo avanti più diventa arduo contenere il tutto dentro un disegno plausibile. Maria ha imparato sulla sua pelle quanto sia difficile stare nella testa di Dio, afferrare i suoi pensieri. Lui ci dice di sé l’essenziale, ma le modalità attraverso cui vorrò condurci ci sono estranee, finché non le percorriamo. E allora è un po’ tardi. Ma solo per noi. Per lui è il momento favorevole da gustare in pienezza, perché è il giorno in cui dopo anni e anni di incertezza si delinea un disegno più chiaro. 

Maria perciò ci aiuta a diventare saggi. Ce ne dà la forza col suo amore di madre. Saggi di quella sapienza che ha guidato anche il cuore di Giovanni Battista. Lui che solo poco prima di morire ha potuto contemplare il volto di Gesù. Tutta la sua esistenza era stata un santo desiderio. La sua guida era stata la fiamma interiore che lo Spirito aveva acceso. Quella Parola depositata direttamente dal cielo a cui con umiltà si affidò, preferendo spendersi per un ideale piuttosto che vivacchiare per i suoi bisogni. Chi glielo ha fatto fare?, ci verrebbe da dire. Ma la risposta la intuiamo subito. Quando trovi il tutto non appartieni già più a te stesso. Puoi cominciare a dimenticarti, a diminuire, a diventare piccolo, e così forse avrai messo la prima pietra del lungo processo di espropriazione che ti farà libero e libero davvero.


sabato 7 gennaio 2017

Battesimo di amore

È la speranza a farla da protagonista nel Vangelo del Battesimo di nostro Signore Gesù di questa domenica (Mt 3, 13-17). Da una parte c’è un’umanità segnata dal peccato, appesantita dai suoi fallimenti, triste e scoraggiata nel suo orizzonte limitato e fragile. Dall’altra una voce dal cielo che parla un altro linguaggio, quello dell’amore che ci strappa dalla solitudine e ridona senso e pienezza al nostro vivere. Come fanno a incontrarsi queste due dimensioni? Queste due vite, queste due persone, in fin dei conti ciascuno di noi col carico del suo vissuto e Dio? 

La risposta sta nella persona di Gesù, nel suo scendere in quelle acque e farsi uno di noi. In particolare, facendosi battezzare, Gesù partecipa alla nostra fatica di cambiare vita, entra dentro quel faticoso processo di cambiamento che ognuno di noi nella vita deve attraversare per risalire dal buio dei suoi mali alla luce della vita. 

Questa profonda esigenza che abbiamo di essere liberati dalle strettoie dei nostri orizzonti rappresenta uno dei motivi principali per cui ci affidiamo a Maria. Non solo una volta, ma ogni giorno. È Maria che in quanto madre del Dio-Uomo può indicarci e suggerirci quegli atteggiamenti del cuore che ci aprono al cambiamento. Per alcuni si tratta di un vero e proprio esodo da grandi forme di schiavitù a un graduale ingresso in una vita riconciliata, per altri i percorsi sono meno forti, ma per tutti certamente si delinea un itinerario di uscita che ha come sbocco la libertà. Come ogni pellegrinaggio che si rispetti, ogni vita ha le sue tappe, i suoi ostacoli, le sue cadute, le sospensioni. 

Per questo Gesù ci ha messo accanto Maria, perché potessimo anche contare sul suo accompagnamento. E Maria oggi ci guida alla comprensione piena di questa pagina di Vangelo. Ci fa entrare senza paura nella nostra umanità e ci chiede di farci qualche domanda: se vogliamo che Gesù scenda nelle nostre piaghe purulente e le guarisca, oppure se vogliamo impedirglielo come il Battista, che non sa come gestire quel gesto di Gesù, provocatorio e audace, di immergersi nella sua stessa acqua. Maria ha portato Gesù nella sua carne, lei ci chiede oggi di guardare a occhi aperti, senza schermi difensivi, il volto di Gesù che osserva proprio ciascuno di noi, non per giudicarci, ma per farsi accogliere in tutte le dimensioni del nostro essere, specialmente quelle più povere e bisognose di tenerezza.   


La Via della felicità