domenica 23 dicembre 2018

Maria, eccedente per grazia


Nella nostra preghiera di affidamento a Maria ogni giorno ripetiamo il nostro desiderio dicendo “perché risplenda in me la bellezza di Cristo”. Cosa significa nel concreto? Cosa deve trasparire? Cosa dobbiamo donare? Maria in questo Vangelo della IV domenica di Avvento ci fa nascere dei sani interrogativi e ci ispira nuove chiavi di lettura. La vediamo mentre, ormai incinta, prende su il suo zainetto e si mette in viaggio per raggiungere la lontana Giudea distante ben 150 Km. Ha un obiettivo: raggiungere al più presto la cugina Elisabetta per verificare quel segno che Dio le ha preannunciato. In questa corsa divina Maria risplende per umiltà. A volte sentiamo dire: non bisogna chiedere segni, non bisogna attaccarsi a queste cose, bisogna solo credere… chi lo ha detto? La Parola di Dio ci indica un’altra via, molto concreta, dove la Parola si incarna non nei nostri sogni soltanto, ma nella realtà, direbbe san Giovanni della Croce “al fondo del reale”. Dove insomma nessuno scommetterebbe di trovarla, questa vita divina, ossia nella vita. Nella nostra stessa carne. E come potremmo noi capire in che direzione andare se fossimo lasciati a noi stessi e alle nostre buone intenzioni? La Parola ci raggiunge con oggettività e ci dà serenità nel camminarle dietro e qualche volta la Parola chiede di attendere e sperare, altre di andare a vedere le sorprese di Dio.

Quanto ci piace e quanto amiamo questa nostra sorella, Maria di Nazaret, mentre parte col cuore pieno di attesa e di meraviglia e non ha altro desiderio che quello di poter contagiare il mondo intero dell’amore di cui è stata ricolmata! Come ci sbagliamo quando invece ne facciamo una ragazza timida e introversa che sa solo obbedire e fare riverenze. Maria ha rotto gli argini della sua naturale creaturalità per farsi trasportare in un disegno divino che la porta ad andare sempre oltre, contando sulla forza dello Spirito Santo. È eccedente per grazia. Tutto in lei è grazia  e risposta alla grazia. Infatti Maria non ha chiesto lei quel segno, lo ha accolto con gratitudine dalla bocca dell’angelo. In ebraico non esiste la forma verbale “io ho” ma solo “è a me”. L’ebreo sa - nel fondo del suo essere - che la vita gli viene da Dio. E Maria questo lo vive davvero, con convinzione, con tenacia. L’esplosione di gioia che si scatena nell’incontro con sua cugina Elisabetta non è euforia e baccano ma gioia divina che si nutre di stupore e di silenzio, parole e gesti. 

Ci sono tanti modi per vivere, Maria ha scelto l’autenticità: un suo solo saluto genera vita, perché trasmette la gioia di un incontro. Un incontro con Dio che diventa incontro con una sorella, con un fratello. In Maria è stata attivata quella sorgente che zampilla per la vita eterna di cui Gesù parlerà un giorno rovente alla donna samaritana che andava ad attingere acqua dal pozzo. Se si alza e va, se la sua vita diventa dono e fonte di vita per gli altri è perché questa sorgente ha preso a scorrere e la sua corsa non terminerà neppure ai piedi della croce, dove invece sarà incanalata in una missione nuova, inedita e inaspettata. Diventare madre dell’umanità. È questa la bellezza che siamo chiamati a far vivere in noi: quella di permettere a Cristo di attivare le nostre sorgenti interiori e imparare a vivere a partire da esse.

 Dal Vangelo secondo Luca (1,39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».




sabato 1 dicembre 2018

Vigilare e lottare


Attenzione, concentrazione, orientamento deciso verso un’unica fondamentale direzione: Gesù. Il Vangelo di questa prima domenica di Avvento ci mette davanti grandi segni nel cosmo e uno stato generale di paura e di confusione, non per farci tremare e bloccare, ma per farci aprire gli occhi sull’essenziale. Gesù parla della fine dei tempi, quando ritornerà glorioso (parusìa) e dividerà i capri dalle pecore e sull’amore donato e ricevuto darà il premio della sua comunione piena. Ci illustra una realtà, un cammino, una direzione, offre un senso al nostro vivere, soffrire, sperare. E questo senso è la sua persona, è il suo amore eterno, che ci accompagna per averci con sé per sempre. 

Ecco allora che quando verrà quel momento benedetto siamo chiamati a risollevarci e ad alzare il capo perché la nostra liberazione è vicina. Nessuna paura dunque ma la gioia di poter finalmente essere con lui. Senza veli, infatti la parola apocalisse (e Gesù qui usa un linguaggio apocalittico) significa proprio svelamento, dunque possesso pieno di quella realtà d’amore che qui si è vissuta nel “già e non ancora”. Ma queste parole sono anche di grande aiuto perché ci fanno capire che quando tutto sembra ormai perduto, immerso nelle tenebre, quando la vita sembra un totale fallimento, Gesù viene a tirarci fuori e a portarci altrove, dove poter ricominciare a guardare le cose con speranza. 

Come fare esperienza di questa salvezza continua? Gesù ce lo dice: vegliando, pregando, restando vigilanti. Il che significa restare unificati dentro attorno alla voce di Dio che ci abita. Non disperderci, non farci abbagliare, né attirare altrove. La scelta di rimanere nella sua Parola e su questa giocarsi la vita è una vera e propria lotta spirituale. 

Vegliare non è stare tranquilli ad aspettare, come se fossimo tanti Bhudda, è invece lottare per rimanere orientati a Dio. Non si produce in modo automatico, spontaneo, perché noi non siamo un qualcosa di compatto, statico, ma di dinamico e ambivalente, e quindi dobbiamo sempre e nuovamente riscegliere Dio, in tutti i passaggi che ogni giorno viviamo, a partire dal primo istante in cui apriamo gli occhi al mattino. Non si tratta di volontarismo, perché avremmo già fallito. Si tratta di affidamento. 

San Massimiliano Kolbe diceva: “Tutto è nelle sue materne mani [di Maria]. Di conseguenza, lasciamoci soltanto condurre da lei ogni giorno di più, ogni istante di più. Questa è tutta la nostra filosofia”. Proviamo a fare altrettanto e scopriremo com’è vero che bisogna combattere e nello stesso tempo com’è vero che è Cristo che lotta in noi, se noi ci abbandoniamo  a lui, e a Maria sua e nostra Madre.

                                                  VANGELO Lc 21,25-28.34-36


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, 
nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa 
di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, 
risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano 
in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi 
piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere 
e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

sabato 17 novembre 2018

Nella crisi la vita


Nel capitolo 13 Gesù preannuncia la distruzione del Tempio quando non rimarrà alcuna pietra al suo posto e di tutto quello splendore non si avrà più che il nostalgico ricordo. Nei versetti di questa domenica ci proietta alla fine dei tempi, quando tornerà per dire basta alla storia e inaugurare finalmente la vita eterna. Ognuno riceverà secondo il bene e il male compiuto. L’allusione al cielo che si incupisce e agli astri che si oscurano - sole luna stelle - rimanda anche ad un altro preavviso, quello della Passione, quando in effetti, secondo il racconto evangelico, “si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato” ( Lc 23,44). Quello spettacolo atmosferico inspiegabile fu visto da tutti, compresi gli evangelisti che raccontano. La natura stessa cioè era diventata in qualche modo segno di quanto stava accadendo sul Calvario.

Una grande morte in vista di una nuova creazione. Guardando il messaggio di Gesù da questo punto di vista creativo, ci rendiamo conto che lo spavento apparente dei segni e del dolore, che restano una realtà innegabile, portano però dentro la forza della risurrezione, della vita, quella zoè, cioè la vita vera di qualità superiore che Cristo ci ha guadagnato. È il mistero e la realtà del suo amore che ci fa entrare in una dinamica di vita nuova. Quella che solo lo Spirito Santo può generare. E allora ci rendiamo conto che davvero tutto è vivibile da quando Gesù lo ha riscattato, salvato dall’interno. Ci rendiamo anche conto che la presenza di Maria accanto a noi ci permette di aprirci a questa novità, facendoci percorrere il cammino della conversione, che generalmente dura molti anni, o comunque un tempo lunghissimo.

Come madre ci forma e ci accompagna, opera attivamente e ci comunica la grazia. Segue il nostro percorso, sostiene i momenti di crisi, ci incoraggia a restarvi per scoprirne i germi di liberazione che ogni crisi custodisce. Lei per prima non si è staccata dalla croce e mentre ha sperimentato la fine di una maternità, è stata introdotta in una maternità inaudita, di portata infinita, che avrebbe raggiunto ogni uomo sulla terra, a ogni latitudine, in ogni tempo, con l’unico obiettivo di aiutarci a intraprendere il cammino antico e sempre nuovo del chicco di grano che se non muore non può portare frutti di vita. Questo Vangelo è perciò un inno alla speranza, e ci invita con forza a non avere paura di nulla, perché il vero dolore non è quello che può capitarci di sperimentare ma unicamente il viverlo da soli, lontani dal cuore di Dio.

 Vangelo secondo Marco (Mc 13, 24-32)

«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

sabato 10 novembre 2018

Tutto di te


Ha dato tutto quello che ha. Non il superfluo, non lo scarto del cuore, tutto di sé. Gesù nel Vangelo di questa domenica dà uno dei suoi più importanti insegnamenti dopo avere osservato attentamente come la gente gettava monete nel tesoro del tempio, fino alla povera vedova che attrasse la sua attenzione per il gesto ardito e pieno di abbandono. Quello cioè di mettere come offerta tutto quanto aveva per vivere, un misero soldo. Gesù parte dall’osservazione della realtà, traendo spunto da quello che vede, tocca, incontra per aiutare a trovare delle chiavi di lettura che possano indicare la via da seguire per essere veri. E allora lo ritroviamo in un giorno mentre coi suoi se ne sta seduto tranquillo davanti al tesoro del tempio, quel tesoro dove i fedeli ebrei lasciavano le loro offerte. Offerte in denaro ovvero un segno per dire che mi sta a cuore la casa di Dio, che mi stanno a cuore le opere di bene che si possono fare, un po’ come facciamo noi quando devolviamo qualcosa del nostro stipendio per sostenere qualche progetto a favore di chi è in necessità. Nulla da dire dunque per queste forme di elemosine, ma Gesù punta all’intenzione. Lui che guarda il cuore, legge nell’intimo, scruta le profondità dello spirito, sa quello che ci passa per la testa, sa anche se lo facciamo per farci notare, per darci un contentino gratificatorio oppure se davvero sentiamo dentro l’importanza di condividere quanto abbiamo. 

Questo sguardo penetrante di Gesù che va in profondità ci fa pensare all’unica domanda da farsi nella vita in qualunque occasione e qualunque ruolo abbiamo: “Agli occhi di chi?”. Agli occhi di chi faccio ciò che faccio, agli occhi di chi agisco, mio muovo, prendo l’iniziativa, cerco e sperimento. C’è una via segreta, fatta di silenzio e di intimità, quella che il cuore condivide col suo Dio. Questa via è pacificante, porta una gioia inaudita, perché fa vivere col desiderio di piacere a Lui, di essere in comunione con lui. L’esibizionismo che va a caccia di consenso appartiene a chi non pensa con la sua testa e si lascia guidare dagli stereotipi culturali basati sul successo fine a sé stesso. Chi sta con Gesù, invece, chi l’ha incontrato davvero, o desidera incontrarlo, sente e intuisce che la strada da percorrere è fatta di misteriosi silenzi e di lunghe attese, bagnate di tanta speranza e anche di dolce nostalgia. 

Chi ci accompagna su questa via di autenticità che va alla radice delle cose è Maria, col suo esempio di discepola e con la sua potenza di madre. Chiunque voglia capirla si rende conto che nei Vangeli si parla assai poco di lei, eppure ogni sillaba ha un peso specifico di prim’ordine. È la caratteristica delle personalità autentiche: non hanno bisogno di affascinare, attraggono da sé. Così questa figlia del Padre e sorella dell’umanità ci mostra la stessa via della vedova del Vangelo di questa domenica, la via dell’umiltà, dell’abbassamento, delle ricerche dal basso. Esploratrice di sentieri divini, invisibili agli occhi ma non al cuore. Maria ci forma col cuore di questa vedova, anche lei discepola ed esempio di una fede vera, che si dà senza essere vista, perché si nutre di autenticità. Maria ci aiuta a scegliere le vie di Dio, quelle che percorre solo chi vuole essere bello agli occhi del suo Dio, della bellezza che viene dall’amore, dalla misericordia, dal perdono. La bellezza cioè che rivela il volto di un Altro. L’unico buono, l’unico vero e bello.


Vangelo

Mc 12, 38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro:
 «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


sabato 27 ottobre 2018

Un vero e proprio salto di qualità


Questo brano di guarigione precede l’ingresso a Gerusalemme, dove Gesù affronterà la prova della sua passione e morte. Marco vuole darci un messaggio molto forte con questo incontro unico e indimenticabile rimasto nella memoria affettiva dei cristiani di tutti i tempi, e anche nostra. 

Col suo solito stile sobrio e senza fronzoli, Marco affonda lo sguardo lì dove sguardo non c’è per mostrare fin dove arriva la potenza spirituale di Gesù, cosa può fare la sua vicinanza, l’affidarsi sul serio a lui. Bartimeo era cieco, mendicante, e in quel di Gerico trascorreva i suoi giorni al buio, senza poter dare forma al suo dolore, tenuto dentro l’anima come un fuoco distruttivo. Quante volte avrà sentito la vita scorrere intorno a lui e quante volte avrà desiderato la normalità, poter vedere il volto di chi gli stava accanto, poter costruire relazioni, amicizie, avere la possibilità di accorgersi di tutti quei piccoli e grandi dettagli che solo la vista sull’altro può offrire. 

Con quel morso di solitudine e dolore, nel sentire che stava passando accanto a lui niente meno che il famoso maestro guaritore, Bartimeo cominciò a gridare con tutta quanta l’energia aveva in petto e in gola. Dalle sue labbra inaridite era uscita quella preghiera tanto cara poi alla tradizione cristiana orientale - “Gesù abbi pietà di me!” - che riuscì a ottenergli la grazia sperata. I discepoli e quanti erano attorno a Gesù gli imposero di tacere, ma lui prese a gridare ancora di più. Fu questa sua ostinazione e determinazione a far sì che Gesù lo ascoltasse e si fermasse. “Chiamatelo!”. Una vocazione, una voce che differente dalle altre spacca quel muro di dolore e isolamento insopportabile e fa sentire Bartimeo vivo e rispettabile, non più invisibile, ma riconosciuto finalmente nella sua dignità. 

E qui avviene quella che è una della scene più belle mai raccontate nei Vangeli. Bartimeo getta via il mantello – che era la sua unica protezione –, balza in piedi come il ferro davanti alla calamita e corre verso Gesù. A questo punto Gesù inaspettatamente lo fulmina col suo amore, dicendogli: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Bartimeo non se lo fa ripetere un’altra volta e risponde deciso che vuole vedere. E Gesù lo invita a tornare a vivere, perché la sua fede lo ha salvato. Quale la reazione di Bartimeo? Subito vede di nuovo e segue Gesù lungo la strada. Salvato e chiamato. Marco vuole farci capire che per entrare nel mistero di un Dio pronto a morire per noi (subito dopo Gesù entra a Gerusalemme) è necessario farsi mettere sottosopra da lui, lasciarsi trasformare dal suo spirito, dall’incontro concreto e reale con lui. Soltanto un’esperienza forte di Gesù può farci lasciare tutti i mantelli di questo mondo per ritrovare noi stessi in quello specchio senza macchie che è il vangelo. Che ci cambia, ci rende nuovi, ci fa vivere atteggiamenti e comportamenti completamente diversi dal mondo, perché non vengono dall’egoismo e dai condizionamenti culturali, ma dalla sorgente dello Spirito, che apre gli occhi del cuore e ci rende veramente umani. Capaci di compassione, di verità nella carità, di trascendenza. Di saper vivere e vedere oltre l’immediato. 

L’affidamento a Maria vissuto e interiorizzato è questo “addio al mantello” che ci fa fare un salto di qualità nella vita dello Spirito. Non si tratta più di mendicare senso e amore, ma di lasciarsi attrarre da Gesù, dal suo amore provato per noi. Maria come il cieco di Gerico ha saltellato nelle vie di Dio, e anche quando il passo si è fatto pesante per il peso del dolore, la sua fiducia l’ha fatta vivere in un ambiente di vita differente, stranamente e misteriosamente leggero, sereno, pacificante. Maria ci indica la via per affidarci. Affidarsi non è spontaneo, semmai spontaneo lo è difendersi. Affidarsi è la meta di chi ha prima sperimentato il suo niente, si è reso conto del suo niente, ha accolto il suo niente, e poi quando ha toccato il fondo, si è aperto a Gesù che passava. Sì, l’affidamento a Maria è un dono grande, come diceva Massimiliano Kolbe, il dono migliore, ed è possibile viverlo per tutti, perché Maria è madre di tutti. Proviamo, gettiamo via il mantello, saltiamo dove ci attira il cuore. Sarà lei a farci incontrare suo Figlio, come e quando vorrà.


28 ottobre 2018
XXX domenica del tempo Ordinario
Mc 10,46-52

In quel tempo Gesù e i suoi discepoli giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.


sabato 20 ottobre 2018

La piccola via della felicità


Farsi piccoli. C’è un segreto che i santi di tutti i tempi ci consegnano, al di là delle differenti vie che hanno percorso e dei diversi modi di esprimere l’unico amore di Dio: questo segreto è l’atteggiamento interiore dell’umiltà. Che li ha portati a non mettere al centro il proprio io con le sue esigenze di realizzazione, ma l’amore di Dio, con la sua spiazzante logica del dono. Se vuoi essere grande, dice Gesù in questo Vangelo domenicale, mettiti a disposizione del bene altrui, fatti buon samaritano, sii fratello di chi incontri, pensati come un figlio amato su cui tuo Padre conta per arrivare ai suoi figli, che aspettano una parola, un gesto, un’attenzione, una presenza amica. Sii segno di qualcun altro, riflesso della sua bontà. Questo consiglio e invito di Gesù, questa sua parola che ci obbliga – il Vangelo per noi cristiani è normativo! – ci porta a spostarci quotidianamente dal nostro spazio mentale per aprirci alla prospettiva di Dio. Come fare? 

Abbiamo un aiuto formidabile e oggettivo, infallibile e immutabile nella sua Parola di vita. Che ogni giorno viene a noi e ci svela, toglie cioè il velo dai nostri occhi e ci mostra il modo giusto per vedere le cose che viviamo. Sto soffrendo per i più svariati motivi? Dando tempo alla mia relazione con Gesù mentre leggo il Vangelo del giorno, sono reso capace di ascoltarlo, di intendermi con lui, che cerca e desidera incontrarmi per farmi fare un piccolo viaggio. Con lui andiamo fuori di noi, oltre le nostre visioni e possiamo scrutare modi nuovi di percepirci e considerare la realtà. In mezzo alle tempeste e alle variazioni del mondo, il punto fermo della nostra mente è la Parola di vita. Oggi siamo invitati da Gesù a farci esploratori della realtà. Non statici contemplativi del proprio piccolo mondo, ma uomini e donne che desiderano abbracciare prospettive altre e che non hanno paura di lasciare la presa e di abbandonarsi alle vie di Dio. Servire nel Vangelo vuol dire vivere nel modo più autentico. Significa pensarsi e viversi come persone che hanno uno scopo, un compito, che è quello di rendere l’altro migliore, aiutandolo a far emergere il meglio che ha dentro. Ma non lo si fa in modo spontaneo. Dobbiamo lasciarci lavorare dentro dal Vangelo, adattandoci alle sue indicazioni. Diversamente finiamo con l’illuderci. Perché se l’io non è costantemente e intenzionalmente orientato a Gesù, automaticamente tende ad altre polarità interiori, che spesso conducono ad atteggiamenti difensivi  e negativi. 

L’affidamento a  Maria ci porta a diventare lei, nel senso di fare nostri i suoi atteggiamenti interiori. Come si è definita Maria? Serva del Signore. Questo è il modo in cui si percepisce. Una figlia amata che desidera allinearsi col pensiero e col cuore del Padre. E che perciò diventa lei stessa serva dei fratelli. Questo Vangelo ci apre la strada della vera libertà. Una libertà possibile. Dimenticarsi per accogliersi in Dio, relativizzarsi per ricentrarsi in lui, e così diventare davvero quello che siamo chiamati ad essere. Ci incoraggia anche il giovane Massimiliano Kolbe quando nel ’18 scrive: “L’amore di Dio si manifesta non nel criticare gli altri, ma nell’impegnarsi per il loro miglioramento”.

Vangelo

Mc 10, 35-45

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».




sabato 13 ottobre 2018

Aprirsi o restare aggrappati?


Lasciarsi andare o possedere? Aprirsi o restare aggrappati? Osare oppure adagiarsi? Gesù in questo vangelo fissa lo sguardo su ognuno di noi e ci rinnova l’invito a fermarci e a dare tempo a questo sguardo così carico di vita, di senso, di futuro. E soprattutto di amore incondizionato. L’anima nostra è fluttuante, si sposta come l’acqua del mare, la sentiamo posarsi ora su una cosa ora sull’altra, in base agli stimoli che ci vengono da dentro e da fuori. La nostra attenzione interiore è captata da svariate fonti d’interesse. La vita stessa ce lo richiede. Eppure dentro questo avvicendarsi di elementi, sentiamo che c’è qualcosa di fermo, stabile come roccia, eterno. Sentirlo tuttavia non basta.

Occorre decifrarlo. Concedere quell’unico bene preziosissimo di cui siamo tanti avari: il tempo. Necessario per fare le debite distinzioni e percepire la differenza che c’è tra i nostri slanci e le nostre pulsioni e questa fonte di vita e di energia sempre fissa, sicura, caparbiamente se stessa. Il giovane ricco della scena si è preso il suo tempo per cercare risposta alla sete del cuore. Ai piedi del maestro implora quell’aiuto necessario a strapparlo dal senso di vuoto interiore che lo soffoca, mentre vive la sua vita ordinaria, fatta anche tra l’atro di molte comodità e privilegi. L’incontro già di per sé caratterizzato da forti emozioni e desiderii, raggiunge il culmine nell’incrocio di sguardi in cui avviene l’impossibile, l’inedito. La creatura tanto segnata da pesantezze e oscurità viene fatta entrare dentro un cono di luce e di calda accoglienza fino a gustare le vette dell’abbraccio amoroso del cuore. Un’esperienza mistica in cui spariscono le coordinate umane e si sperimenta l’ambiente divino, col suo carico di vita e di gioia.

Lasciarsi andare o restare saldati sul già noto? Il giovane è davanti a un abisso, quello della sua libertà. Non riesce a osare, non riesce a staccarsi da sé. Quell’insieme di idee, modi di pensarsi, abitudini, strutture mentali e culturali (l’importante è avere successo nella vita!), tutto questo materiale proprio diventa anche la sua personale prigione. La gabbia dalla quale l’uccellino del suo vero io non riesce ad uscire. Quel desiderio di vita lungamente cercato e che lo ha spinto fino ai piedi di Gesù non ha trovato nella sua libertà la porta aperta verso il futuro. Il giovane ricco ha fatto autogol! Esempio eloquente di come dunque possiamo essere i nemici di noi stessi! Perché allora l’affidamento a Maria è tanto importante? Cosa sarebbe accaduto se il giovane non si fosse fidato solo di se stesso ma avesse chiesto aiuto alla Madre? Se avesse in cuor suo detto: “Maria, aiutami, mi metto sotto la tua protezione”? È la stessa differenza che corre tra il chiedere il confronto con una persona saggia oppure rimanere con le proprie dubbiosità di fronte a qualche domanda importante che ci stiamo facendo. Il cammino della fede e della risposta a Dio richiede un accompagnamento, le comunità cristiane in tanto diventano grembo di fede in quanto crescono in questa dimensione, in cui nessuno è lasciato solo con le sue perplessità ma ognuno può contare sull’aiuto e la guida di chi è più avanti nel cammino. Maria non è una persona qualunque, è la Madre della grazia, che vive per noi, e a cui possiamo affidarci a partire da adesso.


+ Dal Vangelo secondo Marco 10,17-30
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». 


sabato 6 ottobre 2018

Verso la sorgente


Una corsa verso la sorgente, questo è il sottotitolo che potremmo dare al Vangelo di questa domenica. Un brano con tre scene: due dialoghi, uno con i farisei e l’altro coi discepoli, e un gesto forte, dal sapore evocativo e profetico, quello di prendere tra le braccia i bambini e benedirli. I farisei chiedono a Gesù se è permesso fare una cosa: il ripudio, diremmo noi oggi divorziare dalla propria moglie. Pongono una domanda che riguarda le scelte e i comportamenti. Gesù non si lascia invischiare in questa rete e afferma che il ripudio è stato reso necessario al tempo di Mosè per la durezza del loro cuore. Dare questo atto di ripudio era in qualche modo una forma di tutela per la donna che si sarebbe ritrovata sola ed esposta al pericolo. Poi Gesù apre davanti a loro il mistero del disegno di Dio: in principio quando Dio creò il mondo, l’idea armoniosa era che la coppia potesse vivere una unità totalizzante e gratificante dentro un abbraccio più grande, quello del Padre da cui tutto era scaturito. I discepoli in privato cercano di capire meglio il discorso, perché evidentemente sentono che questo balzo alle origini è una sfida grande alla mediocrità e superficialità con cui troppo spesso viene letto il rapporto uomo-donna. Gesù allora propone in maniera aperta la realtà definitiva del legame matrimoniale. Un legame che non può essere spezzato senza intaccare e ferire quell’armonia profonda – spirituale – nella quale era nato.
A questo punto vengono fuori i bambini e si sentono le voci dei discepoli che cercano di allontanarli. Un rabbi poteva avere a che fare solo con persone adulte, degne di poterlo ascoltare. Gesù si sottrae a questa mentalità e anzi ci tiene a mostrarli come i migliori esempi da imitare per accogliere il Regno. Il gesto tenerissimo con cui li abbraccia e li benedice è un’immersione nella dolcezza divina e ci fa gustare quasi sensibilmente il legame d’amore che il Signore vuole stabilire con ciascun uomo e ciascuna donna. È questa la sorgente che dà sapore e senso alle scelte della vita, è questo amore con la sua forza di trasformazione a costituire l’anima di ogni relazione, e a garantire che queste relazioni siano vissute nella verità, nella loro autenticità. 
Per capire il discorso di Gesù sul matrimonio non si può restare al livello orizzontale dei ragionamenti interessati, occorre entrare anche fisicamente nel mistero del suo amore e così capire con quale cuore stare nella vita. Maria, cui ci affidiamo ogni istante, ha scelto nella sua vita la parte migliore, l’essenziale, che è l’amore di Dio, e in questo mistero è entrata, con tutta la sua debolezza di creatura. Da questa sorgente ha attinto la vita necessaria per percorrere il suo cammino fino alla fine. Noi che ci affidiamo a lei impariamo a porci nel mistero dell’amore con la stessa disponibilità interiore, quell’apertura del cuore tipica dei bambini che è opposta alla durezza del cuore notata da Gesù a proposito dei farisei. Maria ci aiuta a compiere il gesto fondamentale e più necessario della vita, che decide di noi e del nostro avvenire: fidarci e affidarci.


7 ottobre 2018

XXVII domenica del tempo Ordinario
Mc 10,2-16

In quel tempo 2alcuni farisei si avvicinarono a Gesù e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». 13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

sabato 22 settembre 2018

La via pasquale dell’amore


Questo Vangelo domenicale ci dispone ad ascoltare e comprendere il mistero pasquale delle cose. Gesù è fotografato da Marco mentre dà un insegnamento fondamentale ai suoi discepoli. Spiega quello che gli sta per accadere, la sofferenza, la morte e la risurrezione. Li prepara al decisivo evento con cui l’umanità intera insieme con lui passerà dal regno delle tenebre a quello della luce. Dal peccato alla grazia. Dalla prigionia alla liberazione definitiva. Dalla tristezza alla gioia. Dalla morte alla vita eterna.
Qual è la reazione dei suoi? Davanti a questa prospettiva gloriosa che però è intrisa anche di dolore e di morte, non solo non capiscono – il che è più che normale – ma anche sono afferrati da una strana paura e non vogliono fargli delle domande. Intuiscono che c’è qualcosa che li disturba e li turba e invece di approfittarne per farsi aiutare da Gesù a trovare il senso attraverso la fede in Dio, preferiscono richiudersi e fare leva solo sulle loro forze.

Qual è il risultato di questa chiusura? La sfiducia, che diventa anche ricaduta in dinamiche di potere e in ricerca di soluzioni terrene. Alle grandi domande sulla vita – chi sono, da dove vengo, dove vado – sostituiscono un bene apparente, gratificante, che metta a tacere la sete del cuore. Una grande operazione di compensazione.

In che cosa l’affidamento a Maria ci può aiutare nel vivere questa Parola di grazia? Seguendo la vita di Maria, emerge un dato importante. La sua attitudine all’ascolto, al confronto con il Padre. Prima ancora di una sua considerazione, Maria attende il parere di Dio. Vuole capire, vuole entrare nel cuore del Padre, in lei non c’è curiosità fine a se stessa, ma il desiderio autentico di condividere il modo di pensare di Dio. Ed è qui che ci è di aiuto, ossia quando come i discepoli anche noi – e accade sempre, perché sempre siamo umani – intuendo la via da seguire, ci difendiamo, ci distraiamo, cerchiamo qualche via di fuga per non sentire, per non doverci occupare di quello che il cuore ci sta comunicando. Al contrario Maria è andata molto in profondità e così ha potuto vivere un’esperienza d’amore con Dio. Che ha dato senso a tutto il suo agire.

Abbiamo bisogno di questa profondità e quindi abbiamo bisogno di non restare nel dialogo solo orizzontale tra noi, che non ci porta molto lontano. Maria ci conduce al colloquio con Gesù, da brava maestra interiore ci conduce alla Guida per eccellenza, a colui che è il nostro vero Direttore spirituale. Da lui impariamo sempre di nuovo ad affidarci alla via pasquale delle cose, fatta di amore misto a dolore, in cui deve morire il bisogno di inseguire il benessere per accogliere l’amore che salva. Un benessere più profondo, e soprattutto che dà pace e gratifica il cuore.

+ Vangelo secondo Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafarnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. 
Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato". 



domenica 16 settembre 2018

Seguire Lui


Il dolore di dover cambiare: potrebbe essere questo il titolo per lo straordinario vangelo di questa domenica. Al cuore del messaggio di Gesù - in quel luogo alle sorgenti del Giordano che era Cesarea di Filippo, lontano dagli intrighi dei capi del popolo -, sta la necessità di integrare il dolore come parte della vita e di trasformare il proprio cuore e la propria mente in un cammino costante di conversione, di crescita e maturazione umana e spirituale. Non presumere mai di te, sembra suggerire Gesù oggi a ogni suo figlio che voglia amarlo e seguirlo.
Cosa è accaduto all’impetuoso Pietro quel giorno? Davanti alla domanda di Gesù: “Chi sono io per te?”, non ha dato una risposta per sentito dire, ma si è lasciato toccare nel profondo e, senza ragionarci troppo sopra, ha fatto spazio alle ispirazioni dello Spirito Santo. Così ha potuto dire con franchezza: “Tu sei il Cristo!”. Ma poi nell’ascoltare il discorso sulla sofferenza, sulla prova e quindi su quella parte della vita che non gratifica, ha reagito d’istinto, prendendo le distanze da Gesù. Da qui il rimprovero di Gesù e l’invito a seguire lui, a camminare dietro a lui, cioè a convertirsi, a lasciare l’attaccamento insano al proprio modo d vedere le cose per abbracciare lo stile di Dio, fatto di apertura e gratuità, di spossessamento e libertà interiore. Colpisce come in Pietro ci siano due volti: uno credente, l’altro incredulo. Due Pietro in lui opposti, a dimostrazione che il cuore dell’uomo non è univoco, non è compatto, ma è abitato da tante voci. Il discernimento di cui tanto stiamo parlando in questo tempo nella chiesa serve proprio per distinguere le differenti voci in noi, accoglierle senza giudicarle e poi seguire quello che viene dallo spirito buono e puro del Signore.
Perciò l’unica cosa necessaria da fare non è imparare qualcosa di Gesù ma seguirlo, farne esperienza, porre gesti e azioni concrete nella direzione del suo volere. Ascoltare la Parola e metterla in pratica, trasformarsi e cambiare in un cammino graduale che durerà fino all’ultimo giorno. Una santa lotta per far vincere Gesù in noi e non il nostro modo di pensare e sentire. In questo bel percorso ci è data una Madre. Maria va scoperta, lei è per tutti noi una madre sapiente e illuminata che sa e può condurci sulla strada giusta. A lei siamo affidati per farci aiutare in quest’opera grande che è la nostra vita, una costruzione non facile, piena di imprevisti, di ostacoli, di situazioni complesse e confuse. Maria c’è per aiutarci a fare delle scelte secondo Dio, secondo quel cuore divino sempre aperto per noi e che ci ama sempre, oltre tutto e tutti.

domenica 9 settembre 2018

Apriti!


Questa incursione di Gesù in un territorio pagano a cui direttamente non si sentiva inviato è il segno della volontà del Padre di raggiungere tutti a tempo debito. Dopo Gesù saranno i discepoli e poi la Chiesa a inserirsi nei più disparati ambienti perché tutti – nessuno escluso – possa conoscere l’amore di Dio e guarire. Ed ecco che subito gli si presentano una serie di casi dolorosi. Oggi è la volta del sordomuto. Non è questo pover’uomo senza nome ad andare da Gesù ma sono altri, forse parenti, forse amici che gli volevano bene. Fatto sta che chiedono per lui un gesto di benedizione nella speranza che qualche influsso benefico possa risanarlo. Gesù avrebbe potuto dire soltanto una parola e l’uomo sarebbe stato guarito. Ma questa volte accade qualcosa di inedito. Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla rumorosa, poi fa una serie de gesti che sanno di profonda confidenza e comunione: mette le sue dita nelle orecchie del malato, tocca con la saliva la sua lingua, e infine guardando il cielo come per contattare il Padre, emette un sospiro e gli dice: “Effatà, apriti!”. E subito il sordomuto guarisce, potendo udire suoni e voci e perfino parlare in modo anche corretto. Un miracolo che genera stupore e grande commozione nella folla circostante. Questa Parola oggi ha la forza dirompente della grazia che si sprigiona dalla persona di Gesù. 
È il miracolo che accade ora anche per noi quando ascoltiamo con fede la Parola e così permettiamo ad essa di trasformarci nel profondo. Un gesto che ha anche un valore simbolico: il sordomuto rappresenta l’umanità incapace da sola di farsi attraversare dalla Parola e dalla Persona di Gesù e perciò bisognosa di essere aperta. C’è un nodo che va sciolto, una porta che va aperta, un ingranaggio che va sbloccato, c’è nel cuore umano una tendenza a restare aggrappati al noto anche se ormai non aiuta più e non fa crescere invece di provare il nuovo e così rimettersi in cammino. Ci affidiamo a Maria anche perché essendo la madre della grazia può davvero aiutarci a fare questa delicata e graduale operazione di liberazione da tutta una serie di condizionamenti che portano nomi molto specifici, legati alla nostra storia. E così giorno per giorno, mentre approfondiamo la fiducia in lei, e ci pensiamo come suoi figli, sperimentiamo come le difese vanno sfaldandosi e cresce il desiderio di provare, di tentare, di fare un passo in più verso Dio e verso gli altri. Si sciolgono i nodi e si attivano nuove sorgenti di energia che scopriamo presenti in noi. Oggi Maria ci ricorda che le ferite che caratterizzano il nostro mondo interiore non vanno negate né temute ma vanno offerte al calore dell’amore di Cristo suo figlio, che amandoci ci fa sentire la gioia di accoglierci come siamo e ci fa capire che non sono le ferite a bloccarci nella vita ma il nostro modo di percepirle e percepirci.

XXIII domenica del tempo Ordinario
Mc 7,31-37

In quel tempo 31Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

sabato 1 settembre 2018

Cuore puro


Accetta il tuo cuore e rendilo puro ogni giorno. Forse possiamo riassumere il Vangelo di questa domenica in questa unica frase, all’apparenza semplice e però anche molto profonda da comprendere e da vivere. Nel giudizio dei farisei, che si scandalizzano perché i discepoli di Gesù non fanno le abluzioni e i riti di purificazione esterni, si nasconde il rifiuto di accettarsi così come si è, coi propri limiti strutturali accanto anche alle straordinarie ricchezze di cui ogni persona è dotata. Quando non si accoglie la propria zona d’ombra nasce l’illusione di cercare una perfezione che non esiste e che in fin dei conti è tutta esteriore. Come quando ci si fa belli dall’estetista e dai vari curatori d’immagine credendo ingenuamente che messa a posto l’esteriorità sia automaticamente messa a posto anche la vita. Ma non è così. L’esperienza anzi dimostra il contrario. 
È dal cuore dell’uomo che, dice Gesù, escono tutte queste brutte cose cioè “impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”. Inutile incolpare la società, gli altri, le vicende della vita… se fino a un certa età questi condizionamenti hanno pesato fortemente – ognuno è frutto della sua storia educativa! – tuttavia viene il giorno in cui il sole inizia a entrare nel buio del cuore e a mostrare nuovi passi e nuove strade da percorrere per far venire alla luce la vera identità. Se con umiltà ci si mette in cammino, attratti da quella luce calda e accogliente, si entra nel regno della verità, che è Gesù e la sua vita donata per noi. In lui comprendiamo il bisogno di purificazione, di attingere al suo cuore trafitto per ricevere il suo perdono e così rialzarsi e riprendere con passo spedito la via della santità. Chi può aiutarci a riconciliarci col nostro limite è Maria, la Madre a cui ogni giorno guardiamo e al cui cuore ci affidiamo. Lei che è stata pura può spiegarci e insegnarci la via di un cuore puro. Ma cos’è la purezza? Maria ci mostra che la purezza non consiste nel credersi giusti e nell’illudersi di poter sradicare da noi le inclinazioni cattive, ma consiste nel riconoscersi poveri e affidarsi totalmente a Dio, che ci dona la sua purezza. Consiste nel riconoscere le ombre che ci agitano e ogni giorno, con tanta pazienza, mentre gli occhi e il cuore si nutrono del Vangelo, orientarci a Gesù, alla sua vita crocifissa e gloriosa. 
La purezza che Gesù oggi chi indica è la purezza pasquale, che passa inevitabilmente per la croce. È crocifiggendo le nostre cattive inclinazioni, e orientando la loro energia verso quel bene che è Gesù che noi ci manteniamo puri. Maria è beata perché ha creduto alla Parola e non ad altro e anche noi saremo beati e puri se crederemo solo alla Parola Di Dio e non ad altro. Gesù oggi ci sprona: “Ascoltatemi! Non c’è nulla fuori dell’uomo che lo rende impuro. Dal di dentro del suo cuore escono le cose impure”.


2 settembre 2018
Mc 7,1-8.14-15.21-23

1 In quel tempo si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3- i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, 5quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 
6Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.

7Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
8Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 14Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». [ 21Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».

sabato 25 agosto 2018

È dura la Parola o il cuore?


Qual è la radice del peccato? La radice di ogni nostra scontentezza? Del nostro perdere il senso della vita? Del non sentirsi amati? La radice è nel non ascolto della Parola di Dio. Nel Vangelo di questa domenica la crisi scoppia nel cuore dei discepoli davanti alla Parola di Gesù (“io sono il pane vivo”) e perciò dicono: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Ma è dura la parola o il loro cuore?
Entriamo in questo Vangelo con Maria, guardando al suo esempio, a quello che lei invece ha fatto, e cioè ascoltare la Parola di Dio, credere. La Parola di Dio cozza contro i nostri schemi, le nostre abitudini, il modo consueto con cui leggiamo le cose, le interpretiamo. È contro questa nostra corazza fatta di idee, convinzioni, anche pregiudizi che la Parola opera. Cerca un varco per farci capire che c’è un di più, un oltre, una vita che vera  e piena da accogliere.

Siamo a Cafarnao, Gesù ha fatto il suo lungo discorso sul Pane di vita, sull’Eucaristia e ha ricevuto il rifiuto dei capi che non hanno voluto accettare la sua proposta. Erano così convinti di sapere tutto, che hanno soffocato la luce che avevano nel cuore, e che li spingeva ad aprirsi alla novità. Ora Gesù invece parla ai suoi, i discepoli e tra loro anche gli apostoli. I discepoli qui fanno fatica. Ma perché tanta resistenza? La crisi è benedetta se serve a farci prendere coscienza che siamo ripiegati su noi stessi e quella vita che crediamo di vivere in realtà non è vita, perché la vera vita è una vita di qualità superiore che solo chi si lascia unire da Gesù al suo Spirito sperimenta.

Essere cristiani non è andare a Messa o fare preghiere e neppure essere persone che fanno bene le cose. Ma prima di tutto è essere persone che un giorno preciso e indimenticabile sono andate in crisi davanti alla Parola di Dio perché hanno capito che lì c’era qualcos’altro rispetto a una semplice parola, c’era Gesù stesso con la sua proposta meravigliosa ed esigente. C’è una morte attraverso cui passare per poi rinascere in Cristo. E pochi vogliono morire a se stessi, farsi spogliare del vecchio per rivestirsi del nuovo. Hanno paura, si difendono. La paura, le resistenze si oppongono a questa vita nuova nello Spirito Santo, una vita non autocentrata, ma centrata in Dio. Una vita chiamata a farsi dono. Allora ecco lo scandalo, cioè l’ostacolo contro cui si inciampa!
“Non vogliamo cambiare! Anche se ci proponi qualcosa di bello, di liberante, non vogliamo perdere le nostre sicurezze. Meglio una mediocrità conosciuta, a cui ci siamo abituati, che una grandezza incontrollabile e sempre nuova, che sfugge alla nostra mania di controllo”. È un paradosso, sembra incredibile, ma accade a ognuno, di preferire il noto, il mio modo di vivere e di pensare, perché così non si deve mettere in discussione nulla e non ci si deve convertire. Ma senza conversione, trasformazione del cuore e della mente, non c’è cristiano.

Ecco perché abbiamo bisogno di Maria, per non andarcene anche noi via da Gesù quando ancora bussa alla porta del nostro cuore con la sua Parola viva. Maria ci insegna che nella fede la Parola ci trasforma. Bisogna avere fede nella Parola di Dio, leggerla nel silenzio del cuore e lasciare che sia prima Dio a parlarci, a raccontarci come le vede lui le cose, prima ancora di mettere davanti le nostre visioni e idee. Maria ha ascoltato la Parola di Dio, il suo punto di vista, ha creduto più alla parola di Dio che alla parola sua di creatura. Anche lei aveva i suoi progetti, le sue idee! Ma quando dice “ecco la serva del signore avvenga per me secondo la tua parola”, sta dicendo a noi: “Quello che tu pensi Signore, è più vero di quello che penso io! E perciò mi affido a te, lascio che sia tua a guidare la mia esistenza”.

Allora se io penso male, se sono giù di corda, se ho perso la strada, il senso, l’amore, se non voglio amare, perdonare, Gesù mi viene incontro con un’altra parola, un’altra prospettiva. Mi dice che il suo amore è per me, che lui mi accompagna con tenerezza, mi invita a fidarmi e affidarmi e vuole che anche io sia capace di amare come lui. Questa consegna di noi stessi non avviene attraverso un ragionamento, non è ragionando che ci lasciamo afferrare da Cristo, l’uomo con tutte le sue capacità non arriva ad accogliere, solo aprendo il cuore allo Spirito, all’amore… e Maria ci ricorda che senza cuore, senza tenerezza, senza affidamento e senza umiltà non possiamo essere trasformati dalla Parola di Gesù. Pietro davanti alla provocazione di Gesù: “Volete andarvene anche voi?” risponde subito con il suo atto di fede. Riconosce con umiltà che senza Gesù la vita non ha senso, non ha gusto, non ha destinazione verso l’eternità. Senza Gesù la vita non è. Solo con Gesù sperimento che lui mi ama, mi accompagna e mi aspetta nell’eternità.


26 agosto 2018
Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69)

In quel tempo 60molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». 66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

La Via della felicità