sabato 21 aprile 2018

L'amore rende belli


Io sono il bel pastore. Con questa calda immagine si apre il Vangelo di questa IV domenica del tempo di Pasqua (cf. Gv 10,11-18). Entrando dentro il significato profondo di questo paragone, scopriamo il vero volto di Dio che Gesù è venuto a mostrarci. Esistono due modi di vivere: per amore oppure per interesse. La persona mossa dall’amore si pensa e agisce come qualcuno che si realizza donandosi. La traduzione esatta di questo “dare la vita per le pecore” usata da Gesù è deporre la propria persona a servizio e a favore della persona amata. Infatti il mercenario conduce le pecore solo per avere il salario e non gli importa del loro destino, per cui se sopraggiungono dei pericoli a lui non interessa, lascia che le pecore si perdano e si allontanino da casa perché l’unica sua preoccupazione è salvare se stesso. Il bel pastore invece conosce le sue pecore una ad una e infatti ognuna lo riconosce e sa qual è il timbro della sua voce e perciò lo segue fiduciosa. 

Conoscere nel linguaggio della Bibbia significa amare intimamente: è la relazione sponsale che unisce uomo e donna e che Dio applica al suo rapporto col popolo e con ogni sua creatura. Dunque qui Gesù sta dicendoci che tra lui e noi c’è un rapporto di amore e un coinvolgimento totale. Come tra Padre e Figlio, così anche tra l’anima e il suo Sposo Gesù, il bel pastore, esiste un legame eterno d’amore. «Le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre». In poche battute tre volte Gesù utilizza il verbo conoscere, per declinare il suo amore e la sua passione per l’uomo. Nessuno gli toglie la vita, come lui spiega, ma è lui stesso a donarla. È proprio della natura divina che è Amore donarsi e comunicarsi, per cui Gesù sente che questa dinamica di offerta sgorga direttamente dal suo essere e non potrebbe che essere così.

La conoscenza amorosa tra noi e Gesù è ciò che costituisce l’orizzonte dell’affidamento a Maria. Se questa Madre ci è stata donata, se ne percepiamo la protezione e l’aiuto, è perché impariamo a coinvolgerci sempre più profondamente con lo Sposo della nostra anima. Desiderio di Maria, dice san Massimiliano Kolbe, è di innalzarci fino alla vetta della santità. E la santità, ce lo ricorda papa Francesco, coincide con felicità e consiste nel farsi attraversare dalla bellezza dell’amore divino per poi donarne agli altri i riflessi. La bellezza di cui parla Gesù non è a livello dell’apparenza, ma del cuore perché deriva dalla sua vita donata per amore. Benedetto XVI scriveva: «Proprio in questo Volto così sfigurato (di Gesù crocifisso) appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva fino alla fine e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza». A questa bellezza Maria vuole condurci quando ci prende per mano e ci insegna ad accogliere la sconvolgente novità della logica di donazione di Dio. 

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